Napoli, pugnalato a 17 anni accusa gli aggressori: «Volevano uccidermi»

Raid in un locale la notte della Vigilia ecco la ricostruzione della parte offesa

L'intervento della polizia
L'intervento della polizia
di Leandro Del Gaudio
Domenica 31 Dicembre 2023, 00:00 - Ultimo agg. 1 Gennaio, 12:33
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Scarpe e giubbino griffati Gucci e Dolce Gabbana, un’auto da decine di migliaia di euro. Il coltello in tasca, lo stomaco pieno di alcol. Tanta voglia di provocare, di colpire. Eccolo il profilo dei due soggetti finiti al centro di un’inchiesta per tentato omicidio, una sorta di agguato a freddo consumato la notte della vigilia di Natale – intorno alle due passate – in un bar di San Giovanni. Griffe, sangue soldi. E armi in pronte all’uso. Violenza immotivata, che tiene al momento in cella uno dei due indagati (l’altro risulta irreperibile da una settimana). Una ricostruzione a tinte forti, quella raccontata dalle pagine della misura cautelare firmata dal gip Fabio Lombardo, che ha convalidato il fermo messo a segno dalla polizia alle sette del mattino del 24 dicembre. In manette finisce Vincenzo Taglialatela, 24 anni, accusato di aver aiutato il cugino ad aggredire e ferire (in modo abbastanza grave) un ragazzino di 17 anni. Una ricostruzione che – almeno per il momento – costa al 24enne e all’altro indagato irreperibile l’accusa di tentato omicidio. In attesa di sviluppi processuali, conviene soffermarsi sulle parole del ragazzino vittima dell’aggressione. 

Ricoverato all’Ospedale del Mare, dopo essere stato raggiunto da coltellate alla testa e al petto, dopo aver subìto calci e pugni, mentre – a terra – tentava di divincolarsi dalla morsa dei due cugini. Una storia su cui vanno avanti le indagini, che fa i conti – almeno per ora – sulla versione del 17enne, ma anche su dichiarazioni rese dal 24enne (difeso dal penalista Davide Della Pietà). In sintesi, dinanzi al gip, l’indagato ha tentato di minimizzare la propria condotta, sostenendo di essersi limitato a dare un paio di schiaffi al ragazzino). Al centro delle indagini, facile a dirlo, verifiche sulle immagini finite agli atti. 

Ma restiamo al racconto della vittima. «Ero al bar, quando ho incontrato quei due ragazzi, li conosco come amici di vecchia data. Non so perché ma hanno preso ad insultarmi. Erano seduti al tavolino, mi hanno cominciato a buttare delle noccioline addosso. Poi è partita l’aggressione». Uno dei due, parliamo del 21enne in fuga, ha estratto un coltello a farfalla e ha iniziato a colpire il 17enne. Cinque colpi alla testa e al petto. Spiega la parte offesa ai poliziotti: «Urlavo e chiedevo di sopravvivere, li pregavo di non uccidermi, di smetterla con quella insensata violenza». Ricoperto di sangue e pieno di ferite alla testa e al torace, il ragazzino è riuscito a scappare all’esterno del locale. Ha ottenuto il passaggio di un autista, si è fatto così accompagnare all’Ospedale del Mare. Poi, il tempestivo intervento della polizia. Si parte dall’identikit dei due aggressori: «Scarpe Gucci, abiti Dolce e Gabbana», si legge. Look da movida, con auto e outfit da migliaia di euro, soldi e coltelli (quando non spuntano le pistole), esattamente come accaduto lo scorso marzo a Mergellina.

Ricordate l’omicidio di Francesco Pio Maimone? Un pizzaiolo esraneo alla camorra, ucciso per caso in una lite tra gruppi di Barra e rione Traiano, nata per un pestone su «scarpe da mille euro». Una volta dinanzi al gip, il 24enne si è avvalso della facoltà di non rispondere. Ma ha comunque chiesto che venisse formalizzata una dichiarazione spontanea: «Ho dato solo un paio di schiaffi, non mi sono accorto del coltello (che evidentemente era nella disponibilità del 21enne), solo più tardi mi sono accorto di essere sporco di sangue». 

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Una vicenda che evidenzia una sorta di frontiera criminale che riguarda i più giovani. Violenza gratuita nei luoghi della movida, al centro come in periferia. Facciamo un passo indietro di qualche mese, giusto per ricordare cosa sta accadendo tra strade e piazze cittadine, nelle ore del divertimento by night. Lo ha chiarito il gip Maria Luisa Miranda, nel corso dell’inchiesta culminata negli arresti del presunto assassino di Francesco Pio Maimone: «Vestiti griffati, auto nuove, soldi in tasca, ma soprattutto armati». È questo il profilo di chi vive la notte di Napoli. E anche in questo caso sono i social a rappresentare uno straordinario strumento di conoscenza, alla luce del lavoro fatto dagli uomini della Mobile (guidati dal primo dirigente Alfredo Fabbrocini), all’indomani dell’omicidio degli chalet. In sintesi, soggetti di Barra e di rione Traiano si sono sfidati a colpi di post aggressivi. Una guerra che probabilmente va avanti da tempo e che rischia di passare dal virtuale al drammaticamente reale. Colpi di testa all’ordine del giorno, come quanto accaduto la notte della Vigilia, con il ferimento di un ragazzino senza un motivo reale. Indagini nel cosiddetto rione Villa, a caccia del presunto aggressore del 17enne. 

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