Napoli, la vittima della rapina dal benzinaio: «La mia vita è cambiata,
pene più dure per i minorenni»

Parla Fabio Varrella, l'ingegnere ferito alle gambe perché difendeva lo scooter

Fabio Varrella, l'ingegnere ferito perché difendeva lo scooter
Fabio Varrella, l'ingegnere ferito perché difendeva lo scooter
di Melina Chiapparino
Venerdì 15 Settembre 2023, 23:59 - Ultimo agg. 16 Settembre, 20:16
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«Lo Stato ha vinto». Per Fabio Varrella, il giovane ingegnere ferito gravemente durante un tentativo di rapina, la notizia dell’arresto del suo presunto aggressore «rappresenta una speranza per la Napoli buona». La vita del 32enne napoletano, però, è inevitabilmente cambiata da quando è sopravvissuto ai colpi d’arma da fuoco che gli spararono contro, come racconta a Il Mattino. 

Fabio cosa ha provato quando ha saputo dell’arresto? 

«È stata una sensazione strana.

Un misto di dolore e speranza. Da una parte ho rivissuto tutto quello che è successo e non mi riferisco solo al ferimento per i colpi d’arma da fuoco sulla gamba. È stato altrettanto doloroso, sia psicologicamente che fisicamente, il percorso di riabilitazione. Dall’altra parte, invece, ho provato una grande gioia. Ho pensato che c’è ancora speranza per nutrire la parte buona di questa città. Lo Stato ha vinto. Per ora, si parla di “indagato” ma sono certo che i responsabili verranno assicurati alla giustizia e non ho mai smesso di crederci».

Lei ha perdonato i suoi aggressori? 

«Sono cristiano e credo che si debba sempre cercare di andare al di là dei gesti per comprendere cosa spinge le persone a sbagliare. Spesso i contesti di vita possono limitare e condizionare i comportamenti delle persone per cui non ho mai avuto voglia di vendetta, né atteggiamenti di accusa. Qui non si tratta di perdono ma di fare in modo che si possa riabilitare chi ha sbagliato».

Crede che si debbano inasprire le leggi per i minori autori di reati? 

«La persona che mi avrebbe sparato ed è stata arrestata ha 17 anni. Negli ultimi tempi, a Napoli, sono aumentati drasticamente gli episodi di sangue che coinvolgono minori fino al dramma di Giovanbattista Cutolo che mi ha colpito molto. Per questi motivi, sono portato a pensare che il sistema di correzione applicato dai tribunali per minori potrebbe essere modificato e migliorato. L’obiettivo chiaramente non è solo reprimere ma prevenire».

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Lei era presente al funerale di Giovanbattista Cutolo?

«Sì, con la mia fidanzata Emilia abbiamo voluto manifestare alla famiglia la nostra vicinanza. Sono rimasto colpito dalla presenza di tante persone, tutti uniti per dimostrare la parte buona di Napoli. Posso immaginare cosa ha potuto provare la mamma di Giogiò perché non dimenticherò mai l’espressione negli occhi di Emilia, la mia fidanzata, quando mi venne a trovare in ospedale. La morte di Giovanbattista mi ha colpito particolarmente perché mi sento un miracolato. Mi piacerebbe molto incontrare Daniela Di Maggio e creare una rete per continuare tutti insieme la sua battaglia». 

Oggi com’è la sua vita? 

«Sono cambiato. Il segno più evidente che mi ha lasciato l’aggressione riguarda il fatto che sono diventato più calmo ed evito di fare anche piccole discussioni con estranei a cominciare dai banali litigi per la viabilità. Da 6 mesi faccio ancora riabilitazione per la gamba e non sono ancora tornato in pieno alla normalità, ad esempio mi affatico più facilmente. Ho ripreso il lavoro e mi sto impegnando al massimo per ritornare a tutte le mie abitudini». 

A chi dice grazie? 

«Ai carabinieri e tutte le forze dell’ordine, agli operatori del 118, ai medici e i sanitari dell’Ospedale del Mare, all’arcivescovo Battaglia che mi venne a trovare a casa dandomi grande conforto morale, al mio avvocato Marco Campora, presidente della Camera penale di Napoli anche lui convinto che si debba rafforzare l’aspetto della prevenzione dei reati. Grazie a tutta la mia famiglia e alla mia fidanzata Emilia sempre al mio fianco».
 

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