Napoli, ingegnere colpito per difendere lo scooter: «Sopravvissuto alla rapina, perdono chi mi ha ferito»

Ha rischiato la morte, salvato dai medici «Va fermata la deriva di sangue e paura»

Fabio Varrella
Fabio Varrella
di ​Melina Chiapparino
Martedì 2 Maggio 2023, 23:35 - Ultimo agg. 4 Maggio, 07:16
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«Parlare è il primo passo per chiedere più sicurezza a Napoli». Fabio Varrella ora può lasciarsi alle spalle il ricovero ospedaliero ed è pronto a raccontarsi per «non far calare l’attenzione sui gravi episodi di violenza che stanno accadendo in città». Il 32enne, lo scorso 29 marzo, intorno alle 20, era stato gravemente ferito da due colpi di pistola esplosi durante il tentativo di rapinargli lo scooter nei pressi di una pompa di benzina, su via Reggia di Portici, a San Giovanni a Teduccio. Ieri pomeriggio, Fabio, affiancato dall’avvocato Marco Campora, presidente della Camera penale di Napoli, ha incontrato i giornalisti nello studio del penalista, a Santa Lucia, per lanciare il suo appello e «non far dimenticare la gravità di quanto accaduto». 

Fabio, prima di tutto, come si sente?
«Adesso comincio a stare bene ma non posso ancora camminare.

Ho subito due operazioni chirurgiche alla gamba sinistra, dove ero stato ferito. Il primo intervento, eseguito appena sono arrivato all’ospedale del Mare, mi ha salvato l’arto e la vita. Il secondo, a cui sono stato sottoposto qualche giorno dopo, è servito a estrarre la pallottola dalla gamba. Per il momento, devo utilizzare la sedia a rotelle, qualche volta riesco anche a stare in piedi con le stampelle ma devo fare un percorso di riabilitazione. Non so esattamente tra quanto tempo potrò riprendere a muovermi come prima».

Perché ha deciso di parlare pubblicamente?
«Il mio è un appello. Vorrei che la drammatica esperienza che ho vissuto non capitasse a nessun altro. Si stanno verificando troppi episodi di violenza: bisogna fare qualcosa per rendere più sicura questa città. Ho saputo della rapina brutale che ha subito il figlio di Sal Da Vinci e, pochi giorni dopo il mio episodio, un altro ragazzo è stato ferito nel tentativo di rubargli lo scooter in via Marina. Si tratta di una vera e propria emergenza che riguarda la sicurezza di tutti e che ha bisogno dell’interesse di tutti perché il rischio è che la parte buona di Napoli, possa scappare via».

Lei, dopo la rapina, ha pensato di allontanarsi da Napoli?
«Mai. Nonostante ciò che mi è accaduto sono felice di essere napoletano e amo la mia città. Ho un lavoro che mi appassiona, la mia famiglia, la mia fidanzata e tutti gli affetti più cari. Eppure, devo ammettere che alcune abitudini non le ho ancora riprese. Non riesco a portare il cane a spasso la sera tardi e ho sempre timore che possa accadere qualcosa da un momento all’altro. Mi rendo conto di aver avuto un trauma e ci vorrà del tempo per tornare alla normalità. Per questo capisco chi, spaventato, decide di andare via ma non dobbiamo permettere di indebolire la parte buona di Napoli».

Durante la rapina, non ha ceduto lo scooter. Lo rifarebbe?
«Ricordo che il mio pensiero principale era mantenere la calma, non provocare i rapinatori e non reagire con violenza. Sono un ingegnere specializzato nella gestione di imprevisti e guasti su sistemi industriali, per cui mi viene istintivo mantenere i nervi saldi. Non è stata una reazione calcolata. Ero convinto che in questo modo non sarebbe potuto accadere nulla di grave. Invece, ho sentito gli spari ed il bruciore alla gamba con il sangue che non si fermava. Sinceramente non ripenso a cosa avrei fatto col senno di poi, la cosa certa è che non serbo rancore».

Vuol dire che perdona i rapinatori?
«Non c’è bisogno del mio perdono dal momento che non ho mai avuto un sentimento di odio nei loro confronti. Vorrei solo giustizia e mi auguro che attraverso i percorsi adeguati, queste persone possano avere la possibilità di riabilitarsi, comprendere i loro errori e diventare migliori. Io mi reputo un miracolato. Sono credente e cristiano, per cui questa esperienza mi ha fatto rendere conto, ancora di più, dell’affetto e dell’amore che mi circonda. Potevo morire e invece sono qui con un solo desiderio: tornare alla normalità».

Le immagini della rapina sono diventate virali per un video sui social. Le ha dato fastidio?
«No. Credo che le immagini siano servite per parlare della gravità di un simile episodio di violenza e non trovo che ci sia nulla di sbagliato. Anche i commenti che ci sono stati rientrano nella libertà di ciascun individuo. Però, quello che vorrei è che non ci fosse la necessità dei video sui social per dare attenzione e importanza a questi problemi. Io sono stato il primo a voler vedere la pallottola che mi hanno estratto dalla gamba e ho anche chiesto se potevo tenerla ma questo non ha alcuna rilevanza sulla gravità di ciò che mi è accaduto e che poteva capitare a chiunque».

A chi vuol dire grazie?
«A tutti quelli che mi hanno dimostrato affetto e amore. A chi mi ha salvato la vita soccorrendomi con l’ambulanza, ai medici dell’ospedale del Mare, in particolare all’equipe di Chirurgia vascolare. Grazie alle forze dell’ordine e, ovviamente, alla mia famiglia. Alla mia fidanzata Emilia e a tutti gli amici che continuano a starmi vicino. Non avevo mai subito una rapina e questa esperienza mi ha fatto acquisire una maggiore consapevolezza riguardo il valore e l’importanza di chi mi sta a fianco».

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