«Non siamo Gomorra», arrivano le ruspe sulle Vele di Scampia

«Non siamo Gomorra», arrivano le ruspe sulle Vele di Scampia
di Paolo Barbuto
Lunedì 13 Maggio 2019, 07:00 - Ultimo agg. 12:58
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La Vela Verde è spettrale, stavolta non c'è più nessuno, per davvero. Eppure quel palazzaccio devastato continua a gridare, a lanciare il suo messaggio: Scampia non è gomorra. Quelle parole sono state lasciate ovunque, sul fianco dell'edificio che guarda la trafficata via Labriola, sui pianerottoli sgangherati, sulle vetrate che affacciano sul palazzo di fronte, gemello obeso della prima piccola Vela. Il messaggio è inciso, piccolo piccolo, sugli intonaci che già stanno venendo giù; è scritto a caratteri cubitali ai piani inferiori, è vergato al centro dei murales colorati che cercavano di dare conforto al grigiore della vita in quel posto al limite del possibile: noi non siamo gomorra, Scampia è un'altra cosa.
 

 


L'auto della polizia municipale sta ferma davanti alla passerella d'accesso che è avvolta dal nastro rosso e bianco. Di tanto in tanto arriva qualcuno, generalmente sono gli uomini delle famiglie che, per ultime, hanno abbandonato la Vela. «Marescià fatemi passare, ci siamo dimenticati il fornelletto e dobbiamo preparare il mangiare per i bambini». «Ispettò, abbiate pazienza, mia moglie s'è dimenticata la valigia con le maglie mie, io domani come vado a lavorare?»: gli agenti sono cortesi ma irremovibili, dentro la Vela Verde non entra nessuno anche perché, a occhio, sarebbe pericoloso. Le persone vanno via in silenzio, non fanno scenate, accettano il consiglio di tornare quando sarà aperto il cantiere, magari scortati da un tecnico potranno tornare a prendere ciò che hanno dimenticato.
 

Fa tanta tristezza l'auto, che si ferma a distanza per non rischiare di avere problemi con gli agenti che controllano. Scendono papà, mamme e bimbi e se ne stanno con lo sguardo all'insù a guardare. «Casa mia, quella è casa mia» dice parlando al presente, sospirando, la donna con i capelli raccolti a crocchia sulla testa. Poi prende lo smartphone, raccoglie figli e marito tutt'intorno e scatta un selfie con la Vela Verde alle spalle.

Non sono tanti, ma spesso passa qualcuno a scattare queste foto, spiegano gli agenti che fanno la guardia al palazzo che fra 180 giorni non ci sarà più.

L'interno della Vela Verde è un girone dell'inferno: degrado, macerie, immondizia, devastazione come se quell'edificio fosse stato bombardato, come se avesse vissuto una guerra. Forse ha vissuto la guerra della rabbia dell'addio, quella che si manifesta con lo sfregio di abbattere i muri della tua stessa casa prima di lasciarla agli operai che la cancelleranno definitivamente; quella che invita all'ultimo gesto di aggressività lanciando i mobili inutili lungo le scale e dai balconi, lasciando gli abiti vecchi sparsi ovunque assieme ai giocattoli che i figli non più bambini hanno dimenticato da un pezzo. Così il percorso nella Vela abbandonata e spettrale diventa una Spoon River da leggere attraverso i brandelli di vita abbandonati: cuori di pezza con dichiarazioni di amori evidentemente non eterni, gabbie di canarini scappati, scarpe con tacchi esasperatamente alti, abitini da principessa per bimbe che sono diventate adulte. E poi materassi, comò, pile di piatti di ceramica lanciati e sbrindellati, culle e seggiolini da bimbo, sacchi pieni di costumi da mare, alberi di Natale, copertoni, divani, abiti di ogni genere e per ogni stagione: tutto lanciato a caso e mescolato, tutto trasformato in immondizia, tonnellate di immondizia che dovranno essere selezionate e poi smaltite nella maniera migliore.

Chi sa come sono fatte le Vele conosce l'orrore e il degrado del corridoio che sta sul fondo dei palazzi.
Nell'oscurità di quel corridoio della Vela Verde si riconoscono almeno sette carcasse di auto smembrate, un numero imprecisato di ciclomotori e, anche qui, mobili, abiti, resti delle vite che hanno animato qual luogo. Solo che laggiù c'è un particolare: dall'alto piovono spruzzi dai tubi dell'acqua che stanno cedendo, dal basso si diffondono gli ultimi liquami di una fognatura incapace di contenere. Così i brandelli di vita sono tutti mescolati in un laghetto fetido. Conati. Addio Vela Verde.

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