Napoli, stesa tra la folla a piazza Trieste e Trento: «La pistola in faccia, pensavo: mi uccide»

Napoli, stesa tra la folla a piazza Trieste e Trento: «La pistola in faccia, pensavo: mi uccide»
di Paolo Barbuto
Mercoledì 11 Aprile 2018, 23:52 - Ultimo agg. 12 Aprile, 17:42
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«Il rombo delle moto si sentiva a distanza, venivano dal lato del teatro San Carlo. Sono entrati in piazza mostrando le armi e urlando. Hanno fatto due giri intorno alla fontana, poi si sono infilati su via Nardones». Il ragazzo racconta la stesa dell’altra sera e, a tratti, gli manca il respiro.

«Quando si sono allontanati, tutti noi in piazza abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Eravamo in tanti perché a Trieste e Trento la notte si sta bene, i bar sono aperti, ci si diverte. Nessuno ha pensato di allontanarsi, ma abbiamo fatto male, dovevamo capire che era il momento di andare via».
 

Il racconto a questo punto prende un ritmo diverso, serrato, anche nelle parole, nel fiato che al ragazzo (16 anni che sembrano già venti) si spezza mentre parla: «Dopo qualche minuto, abbiamo sentito un’altra volta il rombo delle motociclette. Ci siamo guardati con preoccupazione, abbiamo pensato di allontanarci ma era troppo tardi. Il gruppo armato è piombato in un lampo nella piazza: si muovevano lentamente, come se cercassero qualcosa, e stavolta le armi non erano puntate verso l’alto, miravano verso di noi: ho pensato “adesso sparano, sto per morire”. Ma sono rimasto fermo perché non volevo che un mio movimento potesse scatenare reazioni inconsulte da parte dei balordi».
 
Il ragazzo vedeva le persone che fuggivano, chiedevano aiuto agli esercizi commerciali ancora aperti e si lanciavano dentro: «Io ho aspettato che il delinquente mi passasse avanti, e ho tenuto le braccia ferme, bene in vista. Solo quando mi ha superato sono scappato».

Un altro ragazzo del gruppo che quella sera si trovava in piazza, era riuscito a infilarsi in un negozio. Viene contattato al telefono perché in questo momento sta lavorando: vuoi spiegare cosa è successo là dentro? Tasto del viva voce, riparte la stessa storia, osservata però da un’altra prospettiva: «Nel locale stavamo schiacciati gli uni sugli altri, il più lontano possibile dalla porta. Le ragazze piangevano, i maschi avevano la faccia bianca bianca. In un momento abbiamo visto uno di quei balordi presentarsi davanti all’ingresso: c’è chi ha iniziato a urlare, una ragazza piangeva e gridava “non mi uccidere”. Lui è rimasto fuori, poi ha sollevato la pistola verso l’alto e ha sparato urlando “addo’ state? Nuje stammo cca”, dove siete? Noi siamo qui. Poi sono tornati tutti in sella alle moto e si sono inoltrati nuovamente verso i Quartieri Spagnoli».

Sul numero di colpi esplosi le versioni sono discordanti, molti raccontano di aver sentito solo un’esplosione, altri dicono che le pistolettate sono state due, ma il dettaglio fortunatamente è irrilevante perché i proiettili sono stati sparati in aria e nessuno è rimasto ferito.

Della vicenda i negozianti della zona non hanno nessuna voglia di parlare, chiedono riserbo, si lamentano perché dopo tanti giorni nessuno è passato a chiedere di visionare i filmati registrati dalle telecamere di sorveglianza (sono stati poi acquisiti nel tardo pomeriggio di ieri, dopo la diffusione della notizia), spiegano di non voler parlare perché sarebbero riconoscibili e rischierebbero di avere problemi. 

Si avvicina una donna sulla cinquantina, ben vestita e molto arrabbiata. Anche lei chiede l’anonimato e accetta solo che si dica che la sua casa ha un affaccio proprio su piazza Trieste e Trento: «Perciò vedo tutto, sento tutto e non ne posso più di sentirmi abbandonata dalle forze dell’ordine. Io e la mia famiglia abbiamo perso il diritto di uscire di casa, abbiamo paura, ci moriamo di paura. Perché qui, quando cala la sera, le divise spariscono e compaiono le pistole dei delinquenti».

La donna è un fiume in piena. Parla a voce alta, i passanti si fermano perché pensano che ci sia un litigio in corso. Invece si tratta di uno sfogo realmente disperato: «Perché venite qui solo oggi a parlare di questa storia, delle stese, delle pistole? Dove siete stati negli ultimi cinque anni?», stavolta l’accusa è rivolta ai media. Sguardo interrogativo, parole pesate e pacate per evitare di far risorgere l’ira della donna: perché saremmo dovuti venire cinque anni fa? «Perché queste cose succedono almeno da cinque anni, e avvengono con cadenza fissa almeno due volte alla settimana. Aumentano nel periodo estivo quando questi delinquenti hanno più voglia di stare all’aperto. Scrivetelo grande così sul giornale: le stese a piazza Trieste e Trento ci sono sempre, due volte alla settimana, la gente s’è anche abituata a vedere pistole e mitragliatrici nelle mani di questi animali che si credono i padroni della città. Stavolta c’è stato più clamore perché gli è scappato un colpo, ma noi la paura di vederci entrare un proiettile dalla finestra, ce l’abbiamo ogni sera».

Lo scenario che si apre al racconto della donna è impressionante. Ciclicamente il cuore della città, a un passo dalla Prefettura e dal Plebiscito, viene invaso da persone armate. E a ognuno sembra normale, poche le chiamate alle forze dell’ordine: «Che chiamiamo a fare? Per sentirci dire che ormai sono già passati e che forse manderanno a controllare?», dal capannello che s’è creato dinanzi alla donna inviperita si stacca un signore distinto, i capelli bianchi e la schiena curva per l’età. La voce però è ferma, anche lui non ne può più, abita nel condominio che sta dal lato opposto della strada rispetto alla donna, spiega che la stanza che affaccia sulla piazza è quella dove dorme da quarant’anni assieme alla moglie. Ha paura che una notte possa entrare un proiettile in casa. Perciò la mattina scende e va a indagare su quel che sta accadendo nella melma delle guerre fra bande rivali «così capisco se alla sera posso stare tranquillo o è meglio stare il più lontano possibile dal balconcino». Il signore ha la sua verità e vuol raccontarla perché, spiega con convinzione «anche la polizia lo sa quel che succede. E secondo me sanno pure chi sono i protagonisti», ma nel suo racconto non è in grado di chiarire perché le forze dell’ordine, pur conoscendo i responsabili, non avrebbero voglia di andarli a pescare: «Sono cose loro, io non so perché non ci vanno».

Le indagini personali dell’anziano residente di via Toledo si racchiudono in un breve racconto: «Ci stanno quelli del Pallonetto che vogliono comandare su questa piazza, ma ci stanno pure quelli dei Quartieri che se la vogliono prendere. Allora, a turno, vengono a dimostrare di essere i più forti: una volta passano gli uni, poi passano gli altri, noi invece stiamo sempre qua in mezzo e non ne possiamo più di vedere gente armata. Certe volte, d’estate, li vedono pure i turisti e se ne scappano impauriti».

Con il beneficio dell’inventario riportiamo anche i dettagli raccolti dal residente investigatore sulle «dotazioni» e sulle modalità di azione dei gruppi armati che lui sarebbe in grado di riconoscere al volo: «Quelli del Pallonetto arrivano in gruppi molto folti, stanno in tre sulle motociclette che sono di grossa cilindrata e utilizzano solo le pistole. Quelli dei Quartieri preferiscono gli scooter, oltre alle pistole hanno anche le mitragliette che portano sotto al braccio, puntate verso l’alto, cioè verso il mio balcone. Quando li sento che arrivano vado subito nella stanza appresso, quella che non affaccia sulla piazza, perché le mitragliette mi fanno davvero paura...».
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