Viaggio tra i precari della sanità campana: «Noi, medici appesi a un filo»

Viaggio tra i precari della sanità campana: «Noi, medici appesi a un filo»
di Ettore Mautone
Lunedì 23 Ottobre 2017, 08:44 - Ultimo agg. 22 Marzo, 08:30
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Vita da precari, medici in prima linea, camici bianchi dal futuro senza certezze: passione di medici, specialisti impiegati da anni in settori cruciali della sanità regionale. Contratti a tempo, inquadramenti atipici, impieghi a scadenza collocati oltre il confine delle carenze di personale per fronteggiare il blocco del turn-over. Un argine insostituibile ai livelli di assistenza. Giovani medici ma anche tanti dirigenti sanitari non medici, e ancora di più, migliaia di infermieri e camici bianchi dei profili tecnici, sociosanitari, amministrativi. Un esercito di circa 1600 lavoratori. Giovani (ma nemmeno più tanto), quarantenni che dopo l’Università e la specializzazione calcano le corsie da dieci anni e più. Occupandosi di tutto e seguendo, nonostante tutto, la bussola delle proprie inclinazioni riuscendo anche a costruire famiglie, ad allevare i figli, ma rinunciando sempre alla stabilità. Come Marianna Pezzella, 38 anni, napoletana: al Cardarelli è da sola a curare il centro per l’epilessia.

«C’è un responsabile, Mario Pagliuca, ma è in fase di pensionamento - spiega - Nei miei studi ho sempre approfondito l’epilessia. Sono specializzata in Neurologia dal 2009 e da allora ho sempre avuto contratti atipici in varie aziende campane e anche fuori dalla Campania. Sono tornata nel 2014. Ho lavorato al Santobono, al San Leonardo di Castellammare. Al Cardarelli seguiamo più di 300 pazienti in appoggio anche al pronto soccorso e siamo un centro di eccellenza». E ancora: «Non sono sposata. La mia attuale vita non mi consente di pensare a costruire una famiglia. Vorrei un contratto stabile. La maggior parte dei colleghi con cui lavoro quotidianamente sono tutti nella mia stessa situazione. Il rischio è perdere queste conoscenze accumulate nel tempo».

Storia simile a quella narrata da Giorgia Teresa Maniscalco, 41 anni, sposata con due bimbi di 11 e 8 anni. Di fatto gestisce da sola il centro sclerosi multipla del Cardarelli, presso l’unità di Neurologia. «Siamo un’eccellenza - avverte - riconosciuta in Italia e a livello internazionale tanto che tra le prerogative che fanno del Cardarelli un ospedale di alta specializzazione e di rilievo nazionale c’è anche il centro per la sclerosi multipla. Seguiamo circa 800 pazienti tutti giovani. Curo un ambulatorio di day-hospital e per la prescrizione di farmaci innovativi e ad alto costo. Il nostro è l’unico polo ospedaliero di II livello, poi ci sono solo i policlinici. Abbiamo preso anche due bollini rosa. Attualmente sono più conosciuta tra colleghi italiani ed europei che all’interno della mia regione. Il mio timore? Che possa sparire tutto in una bolla di sapone.

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