Cira, raggiunta sul balcone da colpo vagante nel Napoletano: «Ho sentito un boato, poi forte dolore»

Cira, raggiunta sul balcone da colpo vagante nel Napoletano: «Ho sentito un boato, poi forte dolore»
di Carla Cataldo
Sabato 19 Giugno 2021, 09:24 - Ultimo agg. 20 Giugno, 10:16
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Sono le sette di sera di giovedì pomeriggio. Cira è sul terrazzo di casa sua, un'abitazione fissata in cima a una lunga scalinata di cemento nel cuore del centro storico di Ercolano. È lì con la sua famiglia, un marito e cinque figli. Vive in un quartiere povero, uno dei tanti. Un quartiere dove la droga è un pericolo e le pistole sono sempre a portata di mano. Ma lei non ci pensa. Quel mondo non le appartiene. È incensurata, vive onestamente, come tante persone in quei quartieri. All'improvviso però un boato rimbalza tra i palazzi di traversa Tironi di Moccia. Sembra un petardo. Cira improvvisamente crolla a terra, dolorante. Ha un proiettile conficcato nella schiena. Qualcuno ha sparato, per chissà quale motivo. Nel rione si scatena il panico. Cira urla, piange. Viene soccorsa, trasportata d'urgenza in ospedale. È fuori pericolo, ma deve essere operata. È una vittima innocente, non la prima purtroppo, della criminalità che giovedì sera è tornata a terrorizzare la città anticamorra.

Dieci anni dopo l'ultimo colpo di pistola Ercolano ritorna al centro dell'incubo. Un inferno che ha il volto di Ciretta Giorno, 49 anni, una mamma onesta, una donna come tante che vive al primo piano di quella palazzina spoglia a due passi da via Trentola, rione zeppo di pregiudicati e roccaforte dello spaccio di droga.

Il giorno dopo la tragedia sfiorata, ai piedi del palazzo c'è un silenzio surreale, spezzato soltanto dai motorini che sfrecciano da un lato all'altro della strada.

«Cosa volete da qui, siamo gente perbene», ripete una signora affacciata al balcone, infastidita dai flash della macchina fotografica. Nessuno ha visto nulla. Nemmeno le telecamere di videosorveglianza, che in quel quartiere sono fuori uso da tempo. E i carabinieri, per riuscire a ricostruire la vicenda, hanno dovuto acquisire le immagini di altre aree adiacenti al vicolo a caccia di indizi che possano portare alla mano che ha premuto il grilletto. «Non so cosa sia successo, ho solo sentito un boato», le prime parole pronunciate in ospedale dalla donna, rivolte agli investigatori che indagano sul caso. Le principali piste investigative, per ora, sono due. Un raid armato ai danni di qualcuno che abita in quella zona, dove ci sono numerosi pregiudicati di cui alcuni anche legati alla camorra. Ma l'ipotesi più accreditata è quella di un folle gioco finito male. Un colpo esploso a scopo dimostrativo che però ha centrato per errore la povera Cira Giorno. Ma saranno gli ulteriori accertamenti investigativi a consegnare un quadro più chiaro della vicenda. Sul selciato, comunque, i carabinieri non hanno rinvenuto alcun bossolo né frammenti di ogive.

La signora Cira solo qualche settimana fa aveva festeggiato il suo compleanno circondata dall'affetto dei suoi cari che in questo momento pregano per lei. Ieri sera è stata sottoposta a un delicato intervento chirurgico, per toglierle una scheggia che si è conficcata non lontano dalla colonna vertebrale, ma è cosciente e le sue condizioni sono buone. Nel vicoletto del centro storico cittadino le persone sono sgomente e chiedono che venga fatta chiarezza sui fatti, specie perché ancora una volta a farne le spese è stata una persona onesta. Questa volta una mamma, una donna solare sempre disponibile, come la dipingono i racconti del quartiere. Una storia che ha scosso la città.

Tanto più che arriva a pochi giorni dalla cerimonia di intitolazione di una piazza alla memoria di Salvatore Barbaro, vittima innocente della camorra, ucciso a 29 anni nel novembre del 2009 in un agguato messo a segno da alcuni killer del cartello criminale degli Ascione-Papale, che sbagliarono obiettivo. «Quanto accaduto giovedì sera a Ercolano non può che essere condannato con durezza e fermezza - le parole del sindaco, Ciro Buonajuto - Ho parlato per qualche minuto al telefono con la signora e sua sorella alle quali ho espresso vicinanza e solidarietà personale e dell'intera comunità, condannando il vile gesto».

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