Cutolo e l'«anima benedetta», la figlia di Torre ucciso nel 1980: «È un'offesa alle sue vittime»

Cutolo e l'«anima benedetta», la figlia di Torre ucciso nel 1980: «È un'offesa alle sue vittime»
di Gigi Di Fiore
Domenica 20 Febbraio 2022, 08:34 - Ultimo agg. 15:04
3 Minuti di Lettura

Suo padre, Marcello Torre, venne ucciso nel 1980 su mandato di Raffaele Cutolo, per avvertire gli amministratori pubblici che dovevano decidere sui lavori del dopo-terremoto. Annamaria Torre da anni, prima con la mamma Lucia, ora da sola, tiene vivo il ricordo del padre con la Fondazione che ne porta il nome.

Annamaria Torre, cosa l'ha offesa di più nel ricordo dei familiari di Cutolo a un anno dalla morte?
«Non voglio entrare nel merito del personale ricordo affettivo dei familiari di Cutolo.

Mi sono però indignata per il metodo pubblico utilizzato, che offende la memoria delle vittime».

A cosa si riferisce?
«Definire nei manifesti, affissi a centinaia nei paesi vesuviani, Cutolo anima buona l'ho trovato davvero offensivo per la memoria di mio padre, ma anche per quella di persone come Beneventano, Ammaturo, Salvia e tanti altri che per le decisioni sanguinarie di Cutolo persero la vita, difendendo valori e impegni di legalità».

Anche a un anno dalla morte, pensa che un atteggiamento di pietas verso Cutolo non sia giustificabile?
«Non c'è stato mai un vero pentimento in Cutolo, mai un reale contributo alla ricerca della verità su qualunque vicenda lo riguardasse. Una campagna a ricordarlo con accenti positivi può portare a visioni distorte della storia di questo Paese, a processi di riabilitazione postuma con mitizzazioni in certi ambienti. Non è sicuramente una cosa positiva e mi preme segnalare questo pericolo».

Crede che il male rappresentato dalle scelte di Cutolo possa ancora affascinare?
«Purtroppo sì. Il fascino del male e dei personaggi che hanno fatto del male c'è sempre stato e purtroppo c'è ancora. È un pericolo per la società civile e l'informazione più avveduta credo abbia il dovere di segnalarlo e scongiurarlo».

Non c'è possibilità di pacificazione e perdono tra vittime e carnefici?
«Nell'associazione delle vittime si parla di giustizia riparatoria, per indicare un passaggio di contatto tra le due parti che sia strumento di approdo a una riconciliazione davanti a Dio. Ma questo non significa perdonare, non significa cancellare il dolore provato, né ammettere che la dignità di chi ha sofferto per un'intera esistenza venga calpestata».

Avrebbe avuto la stessa reazione, se ci fosse stata solo una Messa celebrata nel ricordo di Cutolo, un anno dopo la morte?
«Certamente no. Sarebbe stata una legittima scelta familiare. Ma mi hanno offesa gli strumenti di pubblicizzazione del ricordo della famiglia, le parole usate nei manifesti che calpestano la verità del dolore delle vittime».

C'è ancora sensibilità diffusa su questi temi?
«Sì, l'ho visto a maggio quando c'è stata la manifestazione a Pagani all'inaugurazione del murale di Jorit su mio padre. Spero che avremo la stessa partecipazione il 21 marzo prossimo, quando a Napoli si terrà l'annuale ricordo nazionale dell'associazione Libera sulle vittime delle mafie».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA