Reddito di cittadinanza ai camorristi, la truffa dei boss per viaggi, auto e gioielli

Reddito di cittadinanza ai camorristi, la truffa dei boss per viaggi, auto e gioielli
di Giuseppe Crimaldi
Giovedì 8 Luglio 2021, 08:35 - Ultimo agg. 20:12
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Furbi, furbetti e superfurbi. Ed è a quest'ultima categoria che appartengono i 25 indagati dalla Direzione distrettuale antimafia grazie all'ultima indagine della Guardia di Finanza di Napoli che ha scoperto l'ultimo scandalo legato ai percettori del reddito di cittadinanza. Nel registro degli indagati finiscono soggetti legati a una della più temibile famiglia della camorra: il clan Contini

Dichiaravano, nella compilazione delle autocertificazioni all'Inps, di essere nullatenenti: ma soprattutto mentivano spudoratamente quando attestavano di non avere nel proprio nucleo familiare alcun parente indagato o condannato per reati di mafia.

Sono bastate alcune verifiche svolte dai militari del Nucleo di polizia tributaria coordinato dal colonnello Domenico Napolitano a smascherare l'inganno. E, a quanto pare - stando all'inchiesta coordinata dal sostituto procuratore Ida Teresi - siamo solo di fronte alla cima di un iceberg che avrebbe radici profonde.

Già, perché poi gli indagati oltre ad essere bugiardi e spregiudicati, erano anche talmente goffi e sprovveduti da pubblicare sui social le proprie foto che li ritraevano nei resort su spiagge di località esotiche, tra palme e lagune blu, oppure mentre guidavano auto di lusso, o - ancora - mentre si facevano selfie con Rolex e altri costosissimi orologi al polso. 

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Ma c'è un filone investigativo che emerge tra le pieghe di questa nuova inchiesta del comando provinciale della Guardia di Finanza partenopea guidata dal generale Gabriele Failla. Ed è un'ombra pesante, sulla quale lavorano adesso gli inquirenti del pool anticamorra della Procura guidata da Giovanni Melillo: il reddito di cittadinanza intascato per mesi e mesi dagli indagati sarebbe stato in realtà - in tutto o in parte - destinato per pagare le «mesate» alle famiglie degli affiliati al clan Contini in carcere. Con i soldi dello Stato, insomma, sarebbero stati offerti alle «vedove» e agli «orfani» della camorra i contributi mensili che vengono destinati normalmente con i proventi di reati come estorsioni, usura e rapine.

Ma torniamo al blitz delle fiamme gialle di ieri. Sono state sequestrate somme per circa 270.000 euro indebitamente percepite dagli indagati nel periodo aprile 2019 novembre 2020, oltre alle carte prepagate utilizzate per l'erogazione del beneficio. Gli accertamenti economico-patrimoniali hanno messo in luce un tenore di vita, per alcuni soggetti, sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati, come dimostrato dall'acquisto di beni di lusso e dalla frequentazione di rinomate località vacanziere in Italia e all'estero. Le perquisizioni e i sequestri sono stati eseguiti in diverse zone della città di Napoli: Avvocata, Borgo Sant'Antonio Abate, Poggioreale, San Carlo all'Arena, San Lorenzo, Scampia, Stella, Vicaria), oltre che nei comuni di Quarto Flegreo, Sant'Antonio Abate, Cicerale (nel Salernitano), e persino a Reggio Emilia. Sottoposte a perquisizione anche le sedi di quattro «CAF», centri di assistenza fiscale operanti a Napoli e provincia, utilizzati dai percettori del sussidio per la presentazione delle domande. E anche su questo versante si illuminano i riflettori degli inquirenti per verificare eventuali, possibili complicità anche all'interno di queste strutture. 

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