Mano pesante per l'imputato eccellente. La Procura chiede la condanna a quattro anni e mezzo a carico di Lorenzo Di Domenico, ex amministratore unico della Sma Campania, una partecipata della regione Campania specializzata in materia ambientale. Aula 217, dinanzi al gup Marcello De Chiara, tocca al pm Henry John Woodcock (titolare delle indagini assieme alla collega Ivana Fulco) definire le proprie conclusioni al termine delle indagini sul presunto giro di mazzette all'ombra dell'emergenza rifiuti in Campania. Quattro anni e sei mesi è la richiesta di condanna del pm Woodcock, nonostante nel corso del procedimento Di Lorenzo avesse collaborato con la giustizia. Ricordate le accuse messe agli atti lo scorso settembre? Sono state raccontate dal Mattino mesi fa, in un procedimento che ora giunge a una possibile definizione in sede di rito abbreviato. In sintesi, Di Domenico ha ammesso di aver incassato tangenti dalle ditte che di volta in volta venivano interessate dalla Sma - quasi sempre con la procedura di emergenza -, per la bonifica di impianti di depurazione e per altre circostanze.
Anzi, per essere precisi, Di Domenico offre ai pm anche una lista di aziende che hanno versato tangenti, con tanto di post it giallo degli importi versati. Un fiume di denaro di cui ha parlato anche un altro pentito eccellente di questa storia, vale a dire quel Salvatore Abbate, imprenditore strappa appalti, a casa del quale la Finanza trovò oltre quattro milioni di euro. Ma torniamo alla posizione di Di Domenico: è stato lui a tirare in ballo l'ex consigliere regionale di Fratelli d'Italia Luciano Passariello, come sponsor numero uno della sua nomina ai vertici della partecipata regionale. È una circostanza quest'ultima che spinge l'ex manager (che oggi gestisce un bar nei pressi della stazione centrale) a fare riferimenti a un presunto patto consociativo tra forze politiche di maggioranza e di opposizione: «Esiste in politica opposizione e finta opposizione, per cui Passariello ottenne la mia nomina alla Sma, chiedendomi poi di portargli i soldi delle tangenti.
Agli atti finisce anche una confessione (ma per un solo capitolo di accusa) di Giovanni Caruson, ritenuto responsabile di aver interessato il reggente della camorra vomerese Basile (per il quale sono stati chiesti sei anni e otto mesi) a tutela di una sorta di patto politico imprenditoriale che si sarebbe concluso in una pizzeria di San Giorgio a Cremano. Stando alla ricostruzione di Caruson (che, ripetiamo, non è un collaboratore di giustizia, ndr), sull'affare dei fanghi in Campania ci sarebbe stato anche l'interesse di una cordata di imprenditori del nord Italia. Al pranzo nel comune vesuviano - dice Caruson - avrebbe partecipato anche Passariello, ieri presente in aula accanto al suo difensore. Una vicenda che fa registrare diverse confessioni, che hanno messo in moto verifiche su più livelli. Stando al racconto reso dall'imprenditore reo confesso Abbate, al comune di Napoli si sarebbero falsificate decine di bandi di gara, sempre a proposito di appalti. In che modo? In una notte, vennero aperte le buste dei concorrenti, con tanto di ceralacca, per calibrare nuove offerte.