E una «super perizia», con un collegio di tecnici nominati dai giudici, per stilate norme in grado di garantire la sicurezza di chiunque si rechi nel vulcano Solfatara. È questa la richiesta al gip Claudia Picciotti formulata dai pm Anna Frasca e Giuliana Giuliano della Procura di Napoli (VI sezione) che indagano sulla tragedia accaduta lo sorso settembre.
Con la richiesta di un nuovo incidente probatorio, in sostanza, gli inquirenti intendono cristallizzare norme che possano garantire la fruizione, in piena sicurezza, di un sito unico al mondo: un vulcano attivo. Un'area, di proprietà di privati e gestita da una società, attualmente sotto sequestro. Del collegio di periti, secondo la richiesta, dovrebbero far parte un esperto delle norme di sicurezza, un geologo e un vulcanologo. La necessità di stabilire adeguate norme di sicurezza nasce dai risultati delle perizie della procura che segnalano rischi per frane e inalazioni gas, nonché quello legato ai microsismi frequenti nella zona. Come se non bastasse si sostiene che «sono state realizzate dagli indagati strutture sportive e tecnico-ricettive, gestite dagli stessi, senza alcuno studio specifico dei rischi, esponendo i terzi avventori al pericolo di inalazione di gas ed al pericolo di esposizione alle frane». La polizza assicurativa per fronteggiare eventuali incidenti, inoltre, è anche emerso, era assimilabile a quella che si stipula per garantirsi dagli incidenti stradali, pari a 3 milioni di euro.
Nella tragedia della Solfatara di Pozzuoli del 12 settembre 2017 persero la vita Lorenzo Carrer, di 11 anni, il padre Massimiliano, 45 anni, che si calò nella voragine apertasi sotto i piedi del figlio a causa disgregazione del sottosuolo, e la madre del ragazzino, Tiziana Zaramella, di 42 anni che dopo avere inutilmente allungato la mano per afferrare il marito decise, anche lei di scendere nella fossa della morte. Tutti furono soffocati dai gas venefici, tra cui il solfuro di idrogeno. Si salvò l'altro figlio di 7 anni della coppia originaria del nord Italia. Già dai primi accertamenti apparvero carenti le misure di sicurezza presenti nella struttura, un vulcano attivo, dove, peraltro, insiste anche un campeggio e un punto ristoro.
Il 26 ottobre il gip del Tribunale di Napoli, su richiesta del procuratore aggiunto Giuseppe Lucantonio, mise sotto sequestro l'intera area di proprietà di privati.
Inizialmente la zona sequestrata era quella dove avvenne la tragedia. La società che gestisce il sito, emerse, non ha mai tenuto in giusto conto la sicurezza, malgrado si tratti di un vulcano attivo collocato in zona rossa come classificato dal settore rischio vulcanico della Commissione Grandi Rischi