«In fondo non abbiamo fatto nulla di grave»: i dodici teppisti delle Ferrovie non sono pentiti. Sono ragazzi tra gli undici e i ventidue anni. Hanno vandalizzato un treno hanno aggredito il responsabile, lo hanno inseguito fino alla cabina di testa del convoglio, arrivati nella stazione di Casoria si sono armati di sampietrini e hanno divelto una panchina per ricavarne nuove armi, hanno tentato di sfondare la porta dietro la quale si erano rifiugiati il capotreno e il macchinista. Sono stati beccati. Ma restano convinti di non avere torti. La denuncia che ha colpito i dieci più grandi (i tre più piccoli hanno meno di quattordici anni e quindi non sono imputabili) non li ha intimoriti.
Forse anche perché intorno a loro, sui vagoni prima e nella piazza poi, c’erano tante persone (e si vedono nel filmato che li ha incastrati), ma nessuno è intervenuto, nessuno ha provato nemmeno a dare una mano al malcapitato ferroviere. «E quindi - pensano i bulli, in fondo, se tutti si girano dall’altra parte, se davanti alla legge ce la caviamo con una denuncia, vuol dire che non abbiamo fatto nulla di grave».
Solo una mamma è scoppiata in lacrime: «Sono appena andata a trovare tuo padre in carcere, smettila di combinare guai», ha detto al suo ragazzo. Gli altri si sono mostrati preoccupati, ma hanno tutti cercato di trovare giustificazioni per la violenza dei propri figli. I colpevoli sono in 13, 12 sono minorenni 1 ha 22 anni. Tre del gruppo, con meno di 14 anni, non sono imputabili. Provengono da quartieri diversi di Casoria (solo uno abita ad Arzano) legati dalla logica del branco, dalla forza che nasce dall’essere in tanti, dalla voglia di non sfigurare l’uno con l’altro gareggiando in violenza e arroganza. E chi se ne frega degli altri, se non sei con noi non sei nessuno. Tutti pronti a seguire il peggiore, il più bullo, il più gradasso. O i più gradassi.