Metrò in tilt, treni usurati e in servizio
con 350mila chilometri all’attivo

Metrò in tilt, treni usurati e in servizio con 350mila chilometri all’attivo
di Pierluigi Frattasi
Giovedì 7 Dicembre 2017, 22:57 - Ultimo agg. 8 Dicembre, 10:22
4 Minuti di Lettura
Rotti, vecchi, imbrattati dai gaffiti, fermi per mancanza di pezzi di ricambio, in attesa di revisione per il tagliando dei chilometri, saccheggiati, in gergo «cannibalizzati», per riparare quelli messi meglio. Sono queste le cause che costringono metà della flotta dei treni della Linea 1 a restare ferma in deposito, invece di uscire sui binari. Treni che risalgono in alcuni casi al 1992 e che faticano a stare in esercizio. Arretrati di diverse generazioni, ormai, rispetto ai convogli più recenti presenti sul mercato. Anche perché viaggiare a Napoli, sulla linea metropolitana giudicata tra le più belle del mondo, ma anche tra le più impervie, con il suo 5,5 per cento di pendenza, non è affatto semplice. E le vetture si rompono molto più facilmente anche per questo.

Ma quanti sono i treni della Linea 1? Complessivamente il parco mezzi consta di 46 Udt, Unità di Trazione. In pratica, vagoni motrici. Ogni convoglio è composto da 2 Udt, in testa e in coda, più altri due vagoni centrali. In totale 4 vagoni. In passato, con i treni nuovi di zecca appena usciti dalla fabbrica, si arrivava anche a 6, la misura esatta per la quale sono state progettate anche le banchine. Oggi, con i mezzi a disposizione, anche i treni si sono accorciati. Poco meno della metà delle 46 Udt è in esercizio. Cinque, infatti, sono fuori servizio per mancanza di pezzi di ricambio. In alcuni casi ripararle è quasi impossibile, visto che il materiale e le tecnologie sono superati ed è difficilissimo reperirli nuovi sul mercato. Altre 8 sono in attesa di revisione, perché hanno superato il chilometraggio (sono previsti dei tagliandi dopo aver superato i 350mila e i 750mila chilometri). Procedure che anche in questo caso vanno a rilento a causa delle difficoltà finanziarie dell’azienda, che paga i fornitori in ritardo, ma li paga. Una unità di trazione, invece, è ferma perché letteralmente sommersa dai graffiti, che hanno coperto anche i sistemi di sicurezza, rendendo il treno inutilizzabile. Altri treni che sono stati riparati aspettano il collaudo dell’Ustif, l’Ufficio speciale trasporti a impianti fissi del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. A queste, poi, si aggiungono le Udt che si guastano saltuariamente ogni giorno e che vanno a rimpinguare il “cimitero” dei treni in attesa di essere ripristinate.
 
E i guasti sono sempre di più ogni settimana. Visto che i treni in esercizio sono pochi, infatti, proprio quelli funzionanti vengono sottoposti a maggiori carichi di lavoro. Come un club calcistico con la panchina troppo corta, c’è difficoltà a sostituire i calciatori e in campo ci sono sempre gli stessi. La conseguenza naturale è che anche la percentuale di infortuni cresce. Un cane che si morde la coda. Nonostante tutte queste difficoltà, il personale Anm, dai macchinisti agli operai, in tutti questi anni è riuscito a fare miracoli, resuscitando vetture che erano “date per morte”, grazie a grande professionalità e dedizione al lavoro.
Al deposito-officina di Piscinola si lavora senza tregua ogni giorno. Gli operai specializzati eseguono grandi e piccole riparazioni, mentre per i lavori che richiedono specifiche competenze tecnologiche l’Anm si affida a ditte specializzate, che intervengono su sottostazioni elettriche, pantografi, carrelli di sollevamento e freni. Colossi del settore, come Ansaldo Sistemi, la tedesca Hegenscheidt per il tornio in fossa, cioè la revisione delle ruote delle carrozze, la svedese Dellner per gli accoppiatori, la Faiveley Ats per i ricambi dei freni.
A Piscinola, invece, le attività giornaliere degli operai Anm sono le più variegate. Si va dalla manutenzione ordinaria alla ricostruzione. Proprio qui vengono effettuati i collaudi Ustif, fatti i tagliandi per le scadenze chilometriche, la revisione delle apparecchiature elettriche e pneumatiche o dei motocompressori, la tornitura sale dei carrelli, il montaggio di accoppiatori e barre di trazione, le saldature a filo continuo e Tig, le saldature con gli elettrodi di tungsteno. Nonché i cosiddetti «interventi di piazzale», per permettere il ripristino immediato dei convogli scartati. Un lavoro pesante, altamente qualificato. Insomma, una mini-industria delle riparazioni, all’interno dell’Anm, che necessita di attrezzature e tecnologie continuamente in aggiornamento e, quindi, di investimenti costanti per l’adeguamento e che fa risparmiare all’azienda e al Comune, milioni di euro all’anno. I problemi sorgono se le risorse non arrivano o arrivano in ritardo, perché allora la catena di montaggio si interrompe. E anche i pezzi di ricambio prodotti dalle ditte specializzate dell’indotto, cominciano a non arrivare più. Anche un semplice mancato aggiornamento del software per il tornio che serve alla messa a punto delle ruote dei treni, ad esempio, può creare delle serie difficoltà. L’Anm sta intervenendo, ogni anno, con la programmazione, tramite appositi stanziamenti. Due anni fa sono stati rimessi a nuovo i carrelli che si erano incrinati e questo ha consentito di aumentare le corse e le frequenze, con un incremento del 7% della produzione. Altre gare importanti sono state bandite quest’anno, e gli effetti si vedranno il prossimo. Ma senza treni nuovi difficile avere una svolta. I napoletani dovranno pazientare ancora per almeno un anno, quando finalmente giungeranno i nuovi 20 convogli comprati dal Comune.
© RIPRODUZIONE RISERVATA