Tribunale di Napoli, lettera di Garzo: «Raddoppiare i processi»

Tribunale di Napoli, lettera di Garzo: «Raddoppiare i processi»
di Leandro Del Gaudio
Martedì 2 Giugno 2020, 09:00 - Ultimo agg. 13:24
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«Ormai hanno riaperto le palestre, tra un po' riapriranno anche i cinema e i teatri. Solo in Tribunale non si lavora, solo nel palazzo di giustizia è tutto spento, tutto chiuso. O quasi». Da giorni lo stesso refrain, qui in piazza Cenni. C'è malessere di fronte al deserto del labirinto tentacolare che ospita la giustizia napoletana, di fronte al numero esiguo di processi che si sono celebrati a partire dal 12 maggio scorso, giorno che ha dato inizio alla cosiddetta fase due. Quanto basta per studiare le contromosse. Ci ha pensato il presidente del Tribunale di Napoli Elisabetta Garzo, che ha ascoltato le esigenze del mondo forense, in stretta sintonia con gli altri capi degli uffici, a partire dal procuratore Gianni Melillo, e che ha studiato le contromosse: è di queste ore infatti l'invio di una variazione delle cosiddette linee guida, per rimettere la giustizia napoletana al passo con i tempi, ovviamente sempre rispettando le esigenze sanitarie dettate dall'emergenza corona virus. Una bozza di riforma delle linee guida spedita al presidente di Corte di Appello Giuseppe De Carolis, che ha un obiettivo dichiarato: portare in aula, a partire dal prossimo otto giugno, un numero maggiore di processi. Ma in cosa consiste la richiesta firmata dal presidente Garzo? In termini puramente numerici, si chiede di raddoppiare il numero di processi in calendario per ogni sezione di Tribunale. Più nello specifico, l'obiettivo fissato nella bozza sulle nuove linee guida riguarda in particolare il settore penale e offre questo tipo di soluzioni numeriche: portare dai tre ai sei processi al giorno per ogni sezione collegiale; e da cinque a dieci fascicoli per ogni giudice monocratico. In sintesi, si prova a raddoppiare il carico di lavoro previsto ogni giorno, anche per dare slancio ad un settore - quello della giustizia penale in particolare - particolarmente colpito dallo stallo di questi mesi.

E non è tutto. Stando alla nuova organizzazione, delle novità potrebbero arrivare anche per quanto riguarda le sezioni di giudice di pace civile. In questo caso, alcuni magistrati si sono detti favorevoli all'uso del sistema «teams», per una trattazione da remoto, che consentirebbe di affrontare un numero più alto di processi ad impatto zero, rimettendo in moto un pezzo di economia cittadina.
 

 

Una svolta che ora attende la ratifica dei vertici del distretto di Corte di Appello di Napoli, anche alla luce di un possibile ritocco del numero di processi di secondo grado che potrebbero essere trattati fino a fine luglio. Come è noto, secondo quanto disposto nella cosiddetta fase due, sono in calendario soprattutto i processi con detenuti, mentre il grosso dei fascicoli (che riguardano imputati a piede libero) sono stati rinviati a dopo la parentesi di agosto. Una soluzione che ha di fatto svuotato il Palazzo di giustizia, che nell'ultimo mese ha fatto registrare numeri record, ovviamente al ribasso. Poche centinaia di accessi al giorno, a fronte dei settemila ingressi censiti a pieno regime, poche udienze celebrate (sempre con detenuti), un'attesa che si fa sempre più avvelenata. Venerdì scorso è saltato un flash mob organizzato dagli avvocati, grazie a una moral suasion partita dai piani alti del Palazzo di giustizia, poi è arrivata la possibile svolta con il documento che dovrebbe rimettere in movimento la giustizia partenopea.

Un tema sul quale si è mossa anche l'Anm distrettuale, grazie a un confronto di qualche giorno fa con la camera penale guidata da Ermanno Carnevale (presenti anche il segretario Gaetano Balice e il consigliere anziano Mario Fortunato). Spiega il giudice Marcello De Chiara, segretario dell'Anm distrettuale guidata dal presidente Marcello Amura: «Abbiamo promosso un confronto con i penalisti che riteniamo proficuo. Abbiamo raggiunto una convergenza con gli avvocati, in merito alla necessità di chiedere un incremento dei processi da trattare, a condizione che siano adottate tutte le misure di contenimento del contagio del coronavirus. La salute non è un bene negoziabile, ma l'evoluzione della situazione epidemiologica ci consente di contemperare questa esigenza, dando la stura ad un graduale incremento dei processi da trattare».

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Altro tema delicato riguarda invece il funzionamento delle cancellerie, su cui c'è un'attenzione da parte dei vertici nazionali di Unioncamere. Non solo a Napoli, dunque, ma in tutta Italia si leva la stessa richiesta: di portare in ufficio tutti i dipendenti amministrativi e tutto il personale a disposizione, per fornire risposte tempestive alle richieste degli utenti. È uno dei punti oscuri del lockdown, quello legato al funzionamento delle cancellerie.
Non tutti gli impiegati hanno infatti avuto accesso, da remoto, ai fascicoli, pur lavorando in regime di smart working. Condizioni che vanno avanti anche nel periodo della cosiddetta fase due, in un mondo che cerca faticosamente di riprendere il ritmo precedente all'avvento di Covid 19. Ora si attendono gli esiti del dossier di Unioncamere, per comprendere in cosa è consistito il lavoro da casa di migliaia di impiegati, formalmente operativi da remoto, ma non sempre capaci (o disponibili) di fornire risposte efficienti a chi fissa il vuoto nel deserto di piazza Cenni. 

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