Taisia fuggì da Chernobyl, ora scappa dalla guerra: accolta a Napoli dalla stessa famiglia

Taisia fuggì da Chernobyl, ora scappa dalla guerra: accolta a Napoli dalla stessa famiglia
di Francesca Mari
Domenica 6 Marzo 2022, 22:31 - Ultimo agg. 8 Marzo, 07:36
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«Sono scappata dalla guerra per salvare mio figlio. Ha solo cinque anni, quanti ne avevo io la prima volta in cui sono stata ospitata da una famiglia italiana. E adesso, in questo terribile momento, quella stessa famiglia ci accoglie con amore salvandoci dai bombardamenti. Grazie Italia». Ha gli occhi scuri e lo sguardo di chi si sente a casa Taisia, giovane mamma di Kiev arrivata ieri mattina a Ercolano insieme al suo bambino Gleb e ad altri 52 rifugiati in fuga dall’Ucraina.

Dopo cinque giorni e cinque notti di viaggio, 12 donne e 42 minori provenienti per lo più da Kiev e dal Donbass, ieri mattina alle 6.30 sono arrivati a Ercolano con il pullman che li aveva recuperati a Barabas, al confine tra Ungheria e Ucraina. Ora sono ospiti di trenta famiglie e vi rimarranno fino alla fine del conflitto. Un corridoio umanitario organizzato dall’associazione cattolica «Uniti per la vita», presieduta da Nicola Florio, che dal post Chernobyl si preoccupa di accogliere in Italia le famiglie ucraine, ospitando in 30 anni oltre 5.500 persone. Sul bus, tra i promotori della missione il consigliere comunale Ciro Santoro e i referenti della Croce Rossa rappresentata dalla consigliera Nancy Scognamiglio.

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I rifugiati sono stati sottoposti a tampone nella sede della Croce Rossa, poi sono stati accolti nella chiesa del Redentore in via Doglie, dove ad attenderli c’erano il sindaco Ciro Buonajuto, il parroco don Valerio Piro, le famiglie accoglienti e le forze dell’ordine.

Erano stremati da un viaggio interminabile, non tanto quello dal confine all’Italia quanto quello da una Kiev bombardata. Le donne, qualche mamma e per lo più nonne perché molti bambini sono orfani, tenevano stretti i propri piccoli; alcuni bambini sono soli perché provenienti da orfanotrofi. Giubbotti pesanti, sciarpe, cappelli e plaid sulle spalle: qualcuno con la valigia, qualcun altro non ha fatto in tempo a farla. Sono stati accolti con palloncini, giocattoli e aria di festa. Tante storie di guerra e d’amore.

 

Come quella di Taisia che nel 1989, dopo il disastro di Chernobyl, era stata ospitata a Ercolano dai coniugi Silvestro Oliviero e Annamaria Cioffi che oggi l’accolgono insieme a suo figlio. Lacrime e abbracci nel rivedersi dopo anni, per la prima volta i due coniugi ultra ottantenni hanno visto il figlio di Taisia. «Io sono orfana - racconta la donna, oggi 33 anni - e loro per me sono mamma e papà. A Kiev ho lasciato i miei fratelli, mia cugina e i miei zii. È stato spaventoso quando c’è stato l’attacco all’aeroporto: vedere tanta gente scappare, le urla, il terrore». Poi il calvario della fuga da Kiev. «Eravamo in migliaia in treno, tutti ammassati. I bambini dormivano per terra. Noi abbiamo viaggiato in piedi. Poi c’è stato l’attacco alla stazione, i bambini urlavano e piangevano». «Finalmente ora sono al sicuro - dice mamma Annamaria tenendola stretta - i miei figli stanno arrivando da Roma e Milano per riabbracciarsi».

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Un’altra famiglia di Ercolano, quella di Gerardo Di Dato e Lucia Raia, con i loro due figli, ha accolto invece nonna Yrina e i suoi tre nipoti. Yrina era senza valigia, doveva solo accompagnare i bambini al confine ma non è potuta tornare indietro per le bombe. A ospitare i rifugiati, 15 famiglie di Ercolano, 10 di Torre del Greco (con l’intermediazione dell’associazione «Anch’io le ali), due calabresi, due siciliane e una di Padova. I coniugi siciliani Caterina Di Vito e Vincenzo Marsala ospitano nonna Olga e la piccola Marta, già iscritta a scuola a Villagrazia di Carini in provincia di Palermo. La scuola, l’integrazione e la necessità di creare «ponti di pace», è stato l’appello del sindaco Buonajuto. «Guardare queste donne e questi bambini - dice - e ascoltarne i racconti ci fa capire l’atrocità della guerra. Le nostre città devono costruire ponti di solidarietà, non basta solo invocare la pace. I bambini devono integrarsi pienamente, cominciando dalle scuole». «Siamo stanchi e affaticati - chiude Santoro - ma la gioia nei loro occhi ci dà tanta forza».

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