Un monumento per Tommasino e Bobby, il garzone morto sotto le bombe e l'Hachiko napoletano

Il meticcio aspettò per mesi davanti alla salumeria il padroncino

Tommasino e Bobby
Tommasino e Bobby
di Antonio Folle
Venerdì 27 Ottobre 2023, 20:56 - Ultimo agg. 28 Ottobre, 08:03
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20 febbraio 1943. Napoli è una delle città italiane più martoriate dagli spietati bombardamenti aerei inglesi e americani. La seconda guerra mondiale e le sfrenate ambizioni fasciste hanno portato la capitale del sud - e all'epoca uno dei più importanti porti del Mediterraneo - sull'orlo del baratro, con perdita di patrimoni culturali di inestimabile valore e con la morte di migliaia di civili, periti tra le macerie dei palazzi crollati o colpiti dalle bombe sganciate per seminare morte e distruzione. È un freddo pomeriggio invernale e il cupo suono delle sirene comincia a riecheggiare tra i vicoli e le strade partenopee. Tommasino Cutolo, giovanissimo garzone di una storica salumeria di piazza San Gaetano, aveva bene in mente le raccomandazioni della mamma: correre al vicino ricovero di San Lorenzo in caso di bombardamento. E anche in quell'uggioso pomeriggio invernale Tommasino, che all'epoca aveva dieci anni, quando le sirene annunciarono l'arrivo delle terribili "fortezze volanti" alleate, corse verso la precaria sicurezza del rifugio antiareo.

Purtroppo, però, il ragazzino che era molto conosciuto e amato nei vicoli e nelle viuzze del centro antico di Napoli, non era il solo a correre verso i sotterranei che dovevano metterlo al riparo dalle bombe.

In quello stesso momento una indicibile calca di uomini e donne terrorizzati dall'arrivo dei bombardieri americani si diressero verso quel rifugio, creando un orribile imbuto ed una calca nella quale sarebbero finite letteralmente schiacciate centinaia di persone. E Tommasino, gracile e minuto, fu uno dei tanti napoletani che, in quel freddo pomeriggio invernale, persero la vita non direttamente a causa del bombardamento, ma schiacchiato dalla folla che, nella sua smania di mettersi in salvo, calpestò i più deboli.

Quando le sirene cessarono il loro triste compito arrivò il momento di contare le vittime. Ben 72. Settantadue napoletani quel pomeriggio persero la vita mentre cercavano disperatamente di mettersi in salvo, tra questi il povero Tommasino Cutolo, il cui nome oggi è scolpito su una lapide orma sbiadita dal tempo, eretta diversi anni fa nei pressi di porta San Gennaro. Una storia, quella del giovanissimo garzone di piazza San Gaetano, comune a quella di tanti altri napoletani - alla fine della guerra sarebbero stati oltre 20.000 - che morirono sotto le bombe che cadevano senza pietà e senza fare alcuna distinzione tra obbiettivi militari, ospedali e abitazioni. 

Eppure la storia di Tommasino ha qualcosa di particolare e si intreccia con un'altra storia, quella del meticcio Bobby, un cagnolino che ogni giorno aspettava pazientemente il giovane garzone all'esterno della salumeria dove lavorava per poi accompagnarlo a casa dopo la faticosa giornata di lavoro. E dopo la morte del povero Tommasino per diversi mesi ogni pomeriggio Bobby continuò ad aspettare fuori all'ingresso di quella salumeria dalla quale il suo giovane padroncino non sarebbe mai più uscito. Dopo alcune settimane anche il piccolo meticcio morì, di crepacuore raccontavano i testimoni dell'epoca, per aver perso il suo compagno di giochi. Una storia, quella di Tommasino e di Bobby, che ricorda molto da vicino la ben più conosciuta storia del cane giapponese Hachiko, morto dopo aver aspettato invano per mesi il ritorno di un padrone che non sarebbe mai più tornato.

La storia del garzone di piazza San Gaetano e del suo amico a quattro zampe è di quella che passano di bocca in bocca, di vicolo in vicolo, di strada in strada; che attraversa le generazioni e che arriva fino ai giorni nostri proprio grazie a quel "passaparola" che non teme lo scorrere dei decenni e che, alla lunga, diventa leggenda. Oggi testimone indiretto di questa storia è Angelo, nipote di Tommasino, che si batte per tenere vivo il ricordo di una giovane vittima di guerra.

Angelo, però, non è il solo a cercare di tenere vivo il ricordo di quell'amore immortale tra un cagnolino ed il suo giovane padrone. Da diversi anni l'associazione "I Sedili di Napoli" guidata da Giuseppe Serroni si sta battendo per far erigere un monumento marmoreo alla memoria di Tommasino Cutolo e di Bobby. Il progetto c'è già, il bozzetto pure. Una tenera statua che raffigura un bambino ed il suo cane su una base di marmo creata dal maestro Giuseppe Canone. Una "stele" che dovrebbe essere installata, almeno secondo le intenzioni dei cittadini, proprio all'ingresso di quel rifugio - oggi Napoli Sotterranea - dove Tommasino e altri 72 napoletani persero la vita. Ma qui arriva l'intoppo: la Sovrintendenza ha detto no ed ha chiesto di trovare una sede alternativa. 

«Grazie al maestro Giuseppe Canone - ha spiegato Giuseppe Serroni - noto scultore napoletano che ha realizzato un bozzetto in scala di una stele che, come Sedili di Napoli, proponiamo di installare nei pressi dell'ex Rifugio San Lorenzo in piazza San Gaetano, vogliamo rendere onore ai cittadini inermi napoletani che morirono in quegli anni feroci di guerra e che nessuno commemora. L' opera sarà in bronzo su una base di marmo ma la Soprintendenza alla quale prima della pandemia interessammo per i permessi di collocazione, bocciò la proposta perché ritenne che la collocazione indicata non andava bene. Ci fu chiesto di proporre altra collocazione ma, ovviamente questo piccolo memoriale fuori dal contesto storico non potrà trovare corrispondenza con il desiderio dei parenti delle vittime che in quel luogo caddero».

Inspiegabile il diniego da parte di palazzo Reale che, è la perplessità di molti, dimostrerebbe tanta insensibilità di fronte ad una richiesta che, decontestualizzata, non avrebbe lo stesso valore simbolico. E proprio per cercare di sensibilizzare la Sovrintendenza partenopea, infatti, il prossimo mese di dicembre sarà allestito a piazza San Gaetano un "banchetto" per raccogliere firme da allegare ad una petizione pronta a partire in direzione Comune e Sovrintendenza.

La speranza dei napoletani, dell'associazione che sta combattendo per tenere viva la memoria di quanti persero la vita in uno dei più atroci conflitti che l'umanità ricordi, e dei parenti di quelle vittime è che alla fine vengano concessi i permessi per una stele che, in fondo, non avrebbe - al contrario di chioschi e bancarelle semi-abusive che passano inosservate agli occhi di chi dovrebbe vigilare - alcun impatto negativo ma che servirebbe, specie in un momento di così delicata congiuntura internazionale, con migliaia di persone che ogni giorno perdono la vita per effetto di sciagurati conflitti etnici, economici e religiosi, a sensibilizzare tutti sul profondo valore della pace. 

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