«Violenza sessuale in aumento a Napoli, ragazze stordite con i farmaci»

«Violenza sessuale in aumento a Napoli, ragazze stordite con i farmaci»
di Maria Pirro
Martedì 12 Marzo 2019, 09:00
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L'ultimo caso non è nemmeno quello di San Giorgio a Cremano, lo stupro in un ascensore della stazione della Circumvesuviana subìto da una ragazza di 24 anni, che ha portato all'arresto di tre giovani. Un'altra denuncia è registrata al centro Dafne del Cardarelli, in una giornata particolare, l'8 marzo. Secondo il racconto della vittima, una violenza sessuale compiuta non da un estraneo e, proprio per questo, più facile. «Lei ricorda poco o nulla, perché stordita da una bevanda. E il suo non è un caso isolato: nel 2019, ne ho registrati ulteriori due con le stesse modalità tanto da informare la Procura della Repubblica», dice Elvira Reale, responsabile dell'assistenza psicologica in emergenza nel più grande ospedale del Mezzogiorno.
 
La professionista di grande esperienza, per 30 anni al lavoro nell'Asl di Napoli, è preoccupata da un aumento di situazioni simili tra loro: «Tre in meno tre mesi contro le cinque in dodici mesi rilevate nel 2018. Ma colpiscono innanzitutto le modalità», ribadisce Reale, che avvisa: «Sta diventando una moda somministrare alla vittima designata anche un semplice bicchiere d'acqua o una bibita diversa che contiene sostanze come le benzodiazepine, una classe di psicofarmaci con effetto sedativo che porta ad astenia e quindi a un abbassamento delle capacità di reazione». In una circostanza c'è il riscontro oggettivo, dato dal test in laboratorio eseguito nell'immediatezza dei fatti.

Provare che si tratta di un'aggressione, e non di un rapporto consenziente, è comunque complesso. «La quasi certezza dell'impunità, anche quando l'accaduto viene ripetuto davanti al magistrato, spiega la diffusione sempre maggiore del fenomeno», sostiene Reale. Un'altra ragione è senza dubbio l'arretratezza culturale che spinge una visione delle relazioni sbilanciata, per non dire misogina, come dimostrano gli applausi al momento dell'arresto dei tre giovani nell'hinterland partenopeo, e il tentativo di scaricare sulle donne la responsabilità della provocazione. «Il referto psicologico, che oggi viene compilato in ospedale e va a completare il fascicolo con quello medico, evidenzia però il trauma ed è fondamentale per fare chiarezza, in particolare la diagnosi indica che quel rapporto sessuale non è stato frutto di un libero consenso», fa notare Reale, la prima ad adottare già diversi anni fa la procedura all'ospedale San Paolo di Fuorigrotta, dove è attivo uno sportello anti-violenza al pronto soccorso cui si aggiunge l'altra sede al Loreto Mare. Peccato che gli orari del servizio siano limitati a due, massimo tre giorni a settimana. Ciò significa che se la vittima si presenta quando il servizio è chiuso (come accaduto per la ragazza di 24 anni stuprata a San Giorgio), non trova uno psicologo ad accoglierla ma viene ricontattata l'indomani per fissare un appuntamento. Nessuna struttura cittadina prevede la reperibilità dello psicologo, ossia il suo immediato arrivo su richiesta in corsia, nonostante possa essere determinate circostanze come lo stupro, ma anche il tentato omicidio. «Per consentire il colloquio, grazie alla preparazione e alla sensibilità del personale sanitario, la donna viene trattenuta, a volte, nel reparto di osservazione intensiva breve del Cardarelli», spiega Reale, che sottolinea quanto sia ancora difficile far comprendere alle stesse donne l'importanza di questo tipo di sostegno. E le violenze sessuali in famiglia sono ancora più difficili da far emergere. Bambini e le bambine, soprattutto tra i sei e i dieci anni, subiscono abusi sessuali da orchi chiamati papà, zii, nonni. In Campania «ci sono intere zone in cui l'incesto è elevato a normalità». Nel rione Salicelle ad Afragola, Madonnelle ad Acerra, nel comune di Caivano e in altri «quartieri critici» a Napoli. «Un fenomeno massiccio» che «taglia trasversalmente tutte le fasce sociali, anche se emerge di più in quelle meno abbienti» segnalato dal garante dell'infanzia e dell'adolescenza della Regione, Cesare Romano, presentando una ricerca che stima in oltre duecento i casi «sommersi». Oltre 220 all'anno (264 nel 2018) sono invece le denunce delle donne al Cardarelli.
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