Sally Monetti: «Con Berlusconi e Apicella, così ho prodotto e cantato dieci canzoni napoletane»

Figlio di Eddy, appassionato di moda e musica

Sally Monetti
Sally Monetti
di Maria Chiara Aulisio
Venerdì 16 Giugno 2023, 08:12
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Sally Monetti, figlio di Eddy, appassionato di moda e di musica come il padre, custodisce il ricordo di Silvio Berlusconi in un cd. Dieci canzoni, quasi tutte in napoletano, scritte dal Cavaliere con Mariano Apicella. Un cd che lo stilista napoletano decise di produrre.

Davvero ha realizzato un disco per Silvio Berlusconi?
«Certo e lui ne fu anche particolarmente felice».

Racconti.
«Era l'anno 2010.

Insieme con il mio amico Angelo Valsiglio musicista di razza e scopritore di grandi talenti tra cui Laura Pausini, ci trovammo ad ascoltare quelle canzoni. Le apprezzammo e pensammo di produrle».

Che genere di canzoni?
«Il Cavaliere amava molto la melodia di casa nostra, aveva una vera e propria passione per le canzoni napoletane, quelle antiche in modo particolare ma gli piaceva anche il genere più recente. Tra le tante alla fine ne inserimmo una inedita».

Quale?
«"Che vuo' fa'". Testo e musica scritti anni prima da me e mio padre Eddy. Apicella la ascoltò e diede subito il suo consenso. Poi ovviamente bisognava sottoporla al giudizio del presidente. Il cd portava la sua firma, doveva condividerlo dalla prima all'ultima canzone».

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Come andò?
«Abbastanza bene direi. In quell'anno Berlusconi era presidente del Consiglio, ricordo che non fu facile sottrargli un po' di tempo per dargli la possibilità di ascoltare la musica. In ogni caso alla fine ci riuscimmo: sulla melodia non ebbe alcun dubbio, volle solo cambiare alcuni versi, piccole cose in realtà».

Quindi lo ha incontrato spesso il Cavaliere?
«Ci siamo visti più volte ma i cambiamenti me li mandava via fax. Fax scritti di suo pugno che conservo ancora gelosamente. Sono un ricordo straordinario».

Provini e correzioni, dunque.
«La procedura era più o meno questa. Di volta in volta, durante la produzione, Mariano Apicella gli faceva ascoltare i pezzi non finiti e lui suggeriva i cambiamenti che riteneva più opportuni».

Giudice severo?
«Attento e rigoroso. La musica era una delle sue grandi passioni e benché avesse molto da lavorare quando era il momento di suonare e cantare un po' di tempo riusciva sempre a strapparlo. E però accadde più volte che negli arrangiamenti ci fosse qualcosa che non lo convinceva del tutto».

Quindi?
«Quindi i tempi purtroppo si allungavano e neanche di poco. Una volta, all'ennesima modifica richiesta, nel tentativo di fare presto, Angelo ed io chiedemmo ad Apicella di organizzare un incontro direttamente con Berlusconi. Volevamo capire che cosa non gli andava a genio e soprattutto in che modo dovevamo cambiare».

Riusciste a incontrarlo?
«Certo, dovevamo necessariamente parlargli da vicino se davvero volevamo portare a termine il progetto. E così ci avviammo ad Arcore, Angelo, Mariano e io, era una giornata di primavera, non la dimenticherò mai».

Bell'accoglienza?
«Straordinaria. Mi trovai di fronte un uomo semplice, assai cordiale e fine intenditore di musica. Si trattenne con noi circa un'ora. Parlammo di tante cose e solo verso la fine della chiacchierata affrontammo la questione del cd».

Vi disse precisamente che cosa non gli piaceva?
«Sparigliando le nostre previsioni ci comunicò che invece gli piaceva tutto quello che avevamo fatto. Ci fece anche molti complimenti. E non solo».

Che altro?
«Prima di salutarci ci assicurò che si sarebbe impegnato per promuovere il lancio del disco. Poi ci accompagno alla macchina e ringraziò lui noi del tempo che gli avevamo dedicato».

Il titolo del disco?
«Pure lo scelse lui. "Il vero amore" - disse - "Il nostro disco si chiamerà così"».
 

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