«Caro Massimo, non cediamo all'arroganza di questo virus»

«Caro Massimo, non cediamo all'arroganza di questo virus»
di Rosaria Troisi
Sabato 6 Giugno 2020, 20:30
3 Minuti di Lettura
Come ogni anno, nel giorno dell'anniversario della morte di suo fratello Massimo (4 giugno 1994), Rosaria Troisi gli scrive una lettera dalle pagine de «Il Mattino»

Ciao Massimo,
eccomi qui, ci sono!

Seppure con il cuore ancora preda di mestizia e timori, pensa e ripensa e alla fine ho scelto di presentarmi al nostro consueto appuntamento. In me ha prevalso su tutto un senso di collera, di ribellione: non si può accondiscendere al volere, all'arroganza di un nemico potente e sconosciuto, un virus, che ha trascinato il mondo verso lo stravolgimento totale delle nostre acquisite e consolidate realtà e che - incurante e sadico - ci ha rubato le fragili vite dei nostri cari, amatissimi anziani. Lo sfregio di portarseli via con le mani protese in cerca di un laccio d'amore, che avesse potuto ricondurli anche per pochi minuti nella loro storia, nel loro vissuto. Nel mistero, nella tragedia, nell'intreccio della notte del virus mai avremmo potuto immaginare di conoscere la sospensione del tempo e di accantonare la progettualità del futuro... Non eravamo pronti, eppure ci siamo piegati, inchinati alle stringenti regole che ci sono state imposte: le mascherine come simbolo di altruismo sociale, le nostre case vissute come rifugio o prigione, ma con lo sguardo solidale allungato oltre l'uscio sui tanti, troppi, precipitati rovinosamente nella povertà; niente baci e abbracci e ancora oggi ci perseguita l'orrenda parola: distanziamento fisico, sociale, culturale.

La storia racconterà di uomini e donne che hanno donato lo spirito migliore a sofferenti e bisognosi, sacrificando in molti casi la loro stessa vita. Ma la storia racconterà anche di altri uomini che - attraverso le loro penne acide e corrosive - nei giorni del dolore hanno gettato il seme della zizzania, rispolverando vecchi e odiosi cliché, creando quell'atmosfera caciarona di «facimme ammuina» che disturba perfino negli stadi, quando ammorba la bellezza delle competizioni sportive.

Massimì, orientiamo ora i nostri cuori verso la leggerezza: parliamo di bambini? Allora ti racconto di Lorena, 7 anni, una della nuova meravigliosa generazione dei piccoli di casa. Quando le è stata chiesta la sua opinione su quanto e come stava vivendo la sua inimmaginabile prova, lei ha pensato bene di oltrepassare ogni forma di distanziamento, rivolgendosi direttamente al coronavirus... Ha disegnato se stessa e, a scanso di equivoci, in fondo alla sua figurina ha scritto «io», poi da una nuvoletta è partita la sua condanna: «In questo momento le persone sono in ospedale... è solo colpa tua»: bellissimo, nulla per sé, il suo pensiero mesto e malinconico è andato a coloro che soffrivano per mano sua. Sul corpo informe e grottesco del malvagio, il capolavoro di Lorena - in perfetto stile troisiano - con il pennarello rosso ha tracciato una vistosa croce sulla corona che gli ornava la testa: virus detronizzato!

Massimo, in rete abbiamo respirato anche l'aria fresca del tuo sentire, del tuo spirito: perspicacia, intelligenza, genialità, a riprova che non è il luogo... è l'incontro che accompagna sempre qualcuno a bussare al tuo cuore, ti aiuta a riprendere fiato per farti ripartire e riagganciare l'arcinoto tuo, nostro «Ricomincio da tre».

Ciao Guagliò, ti vogliamo bene!
Tua sorella Rosaria
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