Caruso, la sua casa a Napoli diventa museo

Caruso, la sua casa a Napoli diventa museo
di Davide Cerbone
Sabato 19 Giugno 2021, 08:57 - Ultimo agg. 18:26
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La memoria a lungo esiliata del napoletano più conosciuto nel mondo ha trovato coordinate precise e inevitabili: quarantacinque metri quadri al primo piano, in via Santi Giovanni e Paolo, per i partenopei detta San Giovanniello, numero 7. Qui, nell'umile dimora che gli diede i natali il 25 febbraio del 1875, a una manciata di passi dal caos ululante di piazza Ottocalli, sta prendendo forma un piccolo museo dedicato alla memoria di Enrico Caruso. Così, mentre nel centenario della sua morte la Regione Campania e un comitato nazionale nominato dal ministro Franceschini recitano l'ormai consueto (e consunto) ruolo dei separati in casa, e mentre le lettere amorose del leggendario tenore vanno all'asta, Napoli prova a rimediare ad una distrazione lunga un secolo, a far la pace con don Enrico dopo i fischi al San Carlo, che pure qualcuno non conferma, dopo i rari omaggi visti nei decenni, uno peggio dell'altro.


In cima alle due rampe di stretti gradini divorati dal tempo, la porta si aprirà il 2 agosto, a un secolo esatto dal giorno in cui Caruso lasciò la vita terrena, nel 1921.

Per vincere questa singolare guerra dei cent'anni contro l'oblio, però, la città ha dovuto attendere i privati. Dove non sono arrivate le istituzioni, infatti, è arrivato Lello Reale: la sua gioielleria sta giusto in mezzo tra la casa natìa del carismatico tenore e la chiesa dove fu battezzato, la stessa in cui iniziò a cantare all'età di 7 anni.

«Acquistai il bilocale nel 2004. Fino all'anno scorso ci abitavano due gemelle che sono morte l'anno scorso, a 99 anni», spiega: «Decisi di comprarla perché il prezzo era buono e pensavo di farne un luogo da aprire al pubblico per ricordare un grande uomo che ha dato lustro a Napoli nel mondo. Qualche anno fa bussò alla porta della mia gioielleria un prestante giovanotto tedesco che mi chiese di vedere la casa. Mi dissero che era un tenore importante, io non lo conoscevo, ma lo accontentai. Quando si affacciò al balcone, si mise a cantare e si fece fotografare. La sua voce era così potente che arrivò fino alla fine della strada».

Una straordinarietà che non stupisce se si pensa che quel visitatore speciale rispondeva al nome di Jonas Kaufmann, uno dei più grandi tenori viventi. Trent'anni prima, nel 1987, fu un altro pellegrino eccellente a visitare il piccolo tempio carusiano: Luciano Pavarotti. «Anche lui si stupì del fatto che un luogo così importante per la città fosse ignorato dalle istituzioni», si amareggia Reale, che è presidente dell'associazione di promozione sociale Casa Museo Enrico Caruso. «Se abbiamo interpellato le istituzioni? Sì, l'assessore alla Cultura del Comune di Napoli, Anna Maria Palmieri, ci ha promesso un appuntamento, ma non ce lo ha mai dato».


A dirigere la Casa Museo dedicata a Caruso sarà il collezionista Gaetano Bonelli: «Finalmente, grazie alla sensibilità di privati cittadini, tra i quali anche Armando Iossa, dopo cent'anni di oblio la città renderà onore a Caruso, rendendo visitabile un luogo simbolo per i melomani di tutto il mondo. Ci auguriamo che questo serva da sprone istituzioni affinché facciano la loro parte, onorando questo straordinario napoletano come merita». Il museo, si annuncia, dovrebbe ospitare, fotografie, lettere autografe, alcuni oggetti appartenuti a Caruso, libretti e locandine dei concerti tenuti nei teatri degli Stati Uniti, 78 giri, lettere autografe, foto con dedica, una decina di caricature realizzate dal tenore. A fare da sfondo alla visita, dove sarà l'originalità dei memorabilia a fare, o meno, la fortuna della casa/museo, filmati e, naturalmente, arie e canzoni interpretate dal tenorissimo.

La sfida, dunque, è portare il mondo nel popolare rione San Giovanniello, perché il nome di Caruso fa ancora risuonare le corde della passione a diverse latitudini. Ma la vittoria più grande sarebbe un'altra: far uscire il suo mito da queste due stanze con vista sulla miseria.

«I marciapiedi sono molto stretti, così abbiamo chiesto al Comune di allargare l'area pedonale anche a beneficio dei turisti, delimitandola con dei paletti: lavori dei quali si farebbe carico l'associazione. Per il momento, ci hanno detto di no», riferisce Reale. D'altra parte, per Enrico Caruso, oltre alla targa aggredita dallo smog accanto al balcone della sua casa, la città che è riuscita nell'impresa di rendere invisibili alcuni dei suoi giganti non ha saputo fare di più di un murale (già, un altro) e un busto di discutibile fattura.

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