Liliana de Curtis 1933-2022: addio alla figlia di Totò,
​ha difeso la sua memoria

Liliana de Curtis 1933-2022: addio alla figlia di Totò, ha difeso la sua memoria
di Donatella Longobardi
Sabato 4 Giugno 2022, 07:50 - Ultimo agg. 16:57
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Era stata lei a chiedere che il suo funerale si svolgesse qui, nella chiesa di via Vergini dove Totò era stato battezzato. Proprio di fronte c'è il Palazzo dello Spagnolo, sede di quello che sarebbe dovuto diventare il museo Totò, ormai fermo da anni. Perché Liliana de Curtis, l'unica figlia del grande attore scomparsa ieri a Roma all'età di 89 anni, era una napoletana nell'anima. E a Napoli sarà salutata domenica mattina alle 11 prima di essere sepolta nella cappella di famiglia al cimitero del Pianto. A Napoli Liliana correva appena poteva, vi trovava la sua linfa vitale ed era amatissima dalla gente che in lei vedeva il ritratto al femminile del celebre papà. E ci scherzava: «Sono la sua controfigura». Anche se proprio Totò le aveva impedito di fare l'attrice, come le sarebbe piaciuto, limitando la sua attività sul set a una breve apparizione, ancora ragazzina, in «San Giovanni decollato» (1940). In compenso della scena in cui ritirava un paio di scarpe dal ciabattino-Totò, ricevette una bambola.

Nata a Roma nel 33 dal matrimonio tra Antonio de Curtis e Diana Rogliani, vissuta tra la capitale, il Sudafrica e Montecarlo, Liliana portava il nome di una giovane amante di Totò, Liliana Castagnola, una soubrette che si era suicidata per amore dell'attore.

Ebbe due mariti e tre figli: Antonello e Diana (dal produttore Gianni Buffardi) e Elena (da Sergio Anticoli). E volle che tutti portassero anche il suo cognome, de Curtis, accanto a quello del padre, ingaggiando una complessa battaglia di carte bollate per ottenere quello che oggi è sancito come un diritto dalla Corte Costituzionale. Perché lei era così. Un po' testarda, capace di grandi affetti e grandi slanci. Portava la firma del comico tatuata su un braccio ed era divertita dal fatto che la chiamassero «principessa» in omaggio alle nobili radici del padre. Pronta a battaglie controcorrente. E, come diceva, «a rimboccarsi le maniche», come quando col secondo compagno aveva aperto un ristorante a Johannesburg, «Rugantino» per scappare dall'Italia: «A quei tempi una coppia come la nostra con un divorzio sulle spalle non era bene accettata, l'unica cosa che sapevo fare era cucinare, mi aveva insegnato tutto la mia nonna napoletana, Anna Clemente, con lei passavo molto tempo da ragazza, più tardi ho passato le vacanze con Totò e Franca Faldini».

Una vita non semplice, la sua, sempre all'ombra e al servizio - della memoria di Totò seguendo e patrocinando libri, documentari, mostre, omaggi. A Napoli, sulla tomba del principe, raccoglieva lettere e bigliettini che i fan scrivevano all'attore e cercava di rispondere a tutti. Come Totò, Liliana aveva «adottato» il quartiere Sanità, oggi alle ribalte per «Nostalgia», il bellissimo film di Mario Martone. E come il grande genitore che tornava nel quartiere dov'era nato, aiutava tanti in silenzio, senza mai apparire. Spesso era presente ai laboratori che l'amica Pina Conte teneva nella sede di Progetto Oasi o nelle scuole della zona. Anche se il suo sogno, mai realizzato, era quello di aprire il museo per il principe della risata. Era il 1995, la Regione varava il progetto e destinava alla struttura due grandi appartamenti di sua proprietà nel Palazzo dello Spagnolo. Il Comune, attraverso il Progetto Urban, avrebbe dovuto eseguire i lavori. L'inizio di una odissea, non ancora conclusa, di annunci roboanti, appalti, fondi, vincoli e cavilli burocratici per realizzare un ascensore, finiti poi in un libro di Alfarano-d'Inverno-Giordano, Totò Memories vent'anni di inutili attese. Un'attesa che aveva fiaccato la pur forte fibra di Liliana. Lei voleva che questo non fosse un museo vero e proprio, anche se aveva destinato alla struttura tutti i cimeli di famiglia.

 

«Sono certa che a papà la parola museo sarebbe sembrata troppo ridondante», raccontava a chi scrive, nel 2003. «Vogliamo fare di questo spazio un punto di riferimento aperto ai giovani della città e del quartiere con quel senso umanitario che ha informato tutta la sua attività». Le piaceva, più di tutto, un grande salone dove si poteva fare teatro ma che in tanti anni ha ospitato solo un paio di sporadiche «inaugurazioni», per chiudere immediatamente il giorno dopo in attesa di autorizzazioni e fondi.

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Una sconfitta, quella della mancata apertura del museo, che va di pari passo con i dolori personali. Nel 2006 muore la mamma, Diana. Nel 2011 l'amata figlia Diana, che portava il nome della nonna, viene stroncata da un male incurabile. Liliana, nonostante tutto, accetta di prendere parte ai festeggiamenti che Napoli le offre per i suoi 80 anni, nel maggio del 2013 al San Carlo dove Gianni Lamagna esegue un concerto con i brani di un disco omaggio a Totò di qualche anno prima, con le belle immagini di Sergio Siano. È l'ultima apparizione ufficiale in città. Quando nel 2017 nei 50 anni dalla morte Napoli dedica a «Totò Genio» tre mostre (Palazzo Reale, San Domenico Maggiore e Castel Nuovo) a rappresentare la famiglia c'è Elena de Curtis, che oggi ricorda l'eredità preziosa della mamma con pochi versi che si rifanno a 'A livella: «La tua sofferenza è terminata, apparterrai alla morte, sei diventa seria hai abbandonato le pagliacciate dei vivi».

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