Pompei, riscoperte le donne «hot»: sotto la tunica il perizoma di duemila anni fa

Pompei, riscoperte le donne «hot»: sotto la tunica il perizoma di duemila anni fa
di Susy Malafronte
Domenica 25 Ottobre 2020, 11:01
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Il subligar, il perizoma di duemila anni fa usato come arma di seduzione dalle donne di Pompei. Con questo capo di abbigliamento intimo il Parco Archeologico di Pompei partecipa alle giornate «ApritiModa», l'evento organizzato in questo weekend con visite guidate alla scoperta dei luoghi e dei segreti di questa grande eccellenza italiana: l'annuncio arriva via social, e il profilo social del Parco viene subito inondato di «like». Il subligar - lo raccontano diversi affreschi che adornavano le domus pompeiane - si realizzava con un pezzo di stoffa triangolare largo almeno come la circonferenza dei fianchi della donna - che fosse matrona, schiava o prostituta - a cui si aggiungevano due cordini ai lati; aggiunta non necessaria se la fascia era abbastanza larga da poter essere annodata alla vita.

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Il triangolo veniva fatto passare fra le gambe e fissato dentro il nodo che appunto lo legava alla vita. L'attenzione che le antiche pompeiane hanno dedicato alla moda e, in particolare, all'abbigliamento e ai suoi accessori non è molto diversa da quella dei nostri giorni.

I materiali utilizzati per realizzare il subligar erano la canapa, la juta, il lino, il bisso, la lana, il cotone, la seta. Cotone e seta erano prodotti di importazione, quindi molto costosi. I colori più alla moda tra le donne vissute nel primo secolo dopo Cristo erano l'écru (non il bianco candido, che era difficile e costoso da ottenere e non aveva per i pompeiani il fascino che gli attribuiamo oggi) e tutte le tinte ottenute con sostanze naturali (rosso, giallo, azzurro, verde, lilla, indaco, ocra ottenuti ad esempio con hennè, curcuma, zafferano, uva, sali di rame, mirtillo, sommaco, malva, fiordaliso, mallo di noce, ocra). Il porpora, derivato da un mollusco, era molto costoso e utilizzato con parsimonia, il violetto meno costoso.

IL BASIC
Le pompeiane - raccontano gli esperti del Parco archeologico - indossavano anche lo strophium, una fascia di stoffa o pelle per contenere il seno. Una sorta di push-up che donava alla donna un fascino seduttivo unico per il marito, l'amante o i clienti se ad indossarlo era una prostituta. Anche la tunica, la veste «basic» dei pompeiani usata in tutte le occasioni della vita pubblica e privata, veniva indossata dalle donne con accorgimenti particolari per esaltare i fianchi e il seno.


GLI STILI
 Nell'abbigliamento, una grande importanza l'aveva la cintura, il succingulum: in tessuto o in pelle, spesso impreziosita da pietre pregiate o ricami, stringendosi in vita fermava il drappeggio dell'abito e formava uno sbuffo, così da arricchirlo. Vista la loro importanza, le cinture potevano essere addirittura due: una cingeva la vita, l'altra si incrociava intorno ai seni facendone risaltare la bellezza. La cintura aveva un'importanza straordinaria, solo le donne gravide ne erano esonerate - e di lì proviene probabilmente la parola incinta - ma indossavano una fascia sotto il seno: quasi certamente nasce da questo accorgimento lo stile impero, che risale al periodo imperiale romano e che oggi viene utilizzato in particolare nella creazione di abiti nuziali.


L'ornamento più comune della tunica - dice ancora la nota preparata dal Parco Archeologico per la partecipazione ad ApritiModa - era il clavus, una fascia purpurea che scendeva dalle spalle fino all'orlo inferiore e che costituiva un segno di privilegio. Sulla tunica le donne indossavano la stola, una veste di stoffa ricca di pieghe e ricamata. Quando le matrone si mostravano in pubblico dovevano coprirsi il capo con un lembo della stola, come simbolo di virtù e di pudore femminile. Sotto il vestito, era tutta un'altra storia.

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