Prima al San Carlo, «Turandot» divide ma Puccini unisce

La regia del russo Barkhatov ruba la scena al cast, non tutti riescono a seguire l’innesto nella trama dello scontro in auto e la camera operatoria

La Turandot al San Carlo
La Turandot al San Carlo
di ​Donatella Longobardi
Sabato 9 Dicembre 2023, 23:00 - Ultimo agg. 11 Dicembre, 07:06
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Alla fine, quando trionfa l’amore tra Turandot e Calaf e l’orchestra intona il finale scritto da Alfano alla morte di Puccini, tutto il palcoscenico inneggia alla coppia. I coristi coi loro buffi abbigliamenti con paladrana pelosa e corna in testa, il filmato che scorre sullo schermo, le scritte al neon che vengono calate dall’alto e dove, al posto delle parole «Turandot», «sangue», «speranza» arriva la parola «Amore» a caratteri cubitali.

Perché è all’amore che rimanda il nuovo allestimento del capolavoro col quale ieri sera il San Carlo ha inaugurato la stagione d’opera 2023-2024. In sala sopratutto abbonati e molti vip napoletani, nel palco reale il governatore De Luca e il sottosegretario alla Cultura Mazzi. Poi, in vece del sindaco Manfredi (che da Londra per un impegno di famiglia ha inviato un messaggio ai lavoratori del teatro), l’assessore Teresa Armato, sicura che una serata così, «favorisca la valorizzazione del massimo napoletano e della città sempre più in vetta alle preferenze dei turisti» e altri ospiti accolti dal direttore generale Emmanuela Spedaliere.

Sul podio il direttore musicale Dan Ettinger, nel cast il soprano americano Sondra Radvanovsky, il tenore azero Yusif Eyvazov, il soprano casertano Rosa Feola come Liù. Per loro un allestimento nuovo che il teatro napoletano ha creato per ricordare i cent’anni dalla morte dell’autore e i cento dalla nascita della Callas che proprio a Napoli debuttò con «Turandot» nel 1949.

Un allestimento che fa discutere il pubblico nel parterre, sopratutto i più tradizionalisti legati alle atmosfere orientali del testo, una partitura che il grande compositore toscano non riuscì a completare. 

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Nell'intervallo della prima della Turandot, il Sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi, si è recato nel retropalco per salutare le maestranze del Teatro di San Carlo. Al saluto erano presenti i vertici della Fondazione lirico-sinfonica.

«Ho chiesto uno spettacolo diverso, tutte le “Turandot” sono uguali, il teatro d’opera deve aprirsi all’oggi, il pubblico deve venire a teatro non solo per divertirsi ma anche per riflettere», ha detto il sovrintendente Stéphane Lissner nello spiegare il motivo che lo ha spinto ad affidare la regia al quarantenne russo Vasily Barkhatov all’esordio in Italia con il suo team: Zinovy Margolin per le scene, Galya Solodovnikova per i costumi e Alexander Sivaev per le luci. Un lavoro, il loro, fatto per trasferire ai nostri giorni la storia dell’algida principessa che rifiuta gli uomini e l’amore nel ricordo di un’ava stuprata e morta. Un filmato, in forma di prologo, girato nella bellissima cornice di San Lorenzo, aiuta il pubblico a capire cosa succede. Turandot e Calaf sono una coppia, litigano uscendo dal funerale del padre di lui. E rimangono coinvolti in un incidente d’auto. Nel primo atto lei esce incolume, lui è in fin di vita. Un’ambulanza lo soccorre, una sala operatoria cala dall’alto e si tenta di salvare l’uomo che in passato era stato innamorato di Liù, l’aveva lasciata e lei s’era tagliata le vene. Nel secondo atto si torna indietro come in un gioco di sliding doors, lui è salvo, lei in coma.

 

Tutto si svolge in un’atmosfera surreale, sospesa tra vita e morte, verità e menzogna. Ma la musica è quella bellissima di Puccini, le arie intatte, le voci importanti. Nel terzo atto sembra che l’incidente non ci sia mai stato, la loro auto cala dal soffitto, Calaf e Turandot si abbracciano, proseguono la loro vita dimenticando i fantasmi del passato. E il pubblico, in un primo momento un po’ spaesato, vive il trionfo dei sentimenti, di quell’«amore» inneggiato dalla musica di Puccini e dal libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni e ripreso nelle note di Alfano che aveva completato l’opera attingendo al materiale lasciato a metà da Puccini.

«Finalmente in questa versione non sento più tanti sensi di colpa nell’indossare i panni di Calaf», nota il tenore Eyvazov, marito della Netrebko con la quale canta spesso in coppia, anche al San Carlo. Ora la sua partner è la Radvanovsky, alla sua prima prova in teatro come Turandot, opera che ha interpretato in sala di registrazione diretta da Pappano: «Affrontarla in teatro è un’altra cosa! Ho amato Tosca e Medea, ma ora mi sto innamorando di Turandot, la sento molto adatta alla mia voce, e la sento vicina come donna, un personaggio fiabesco che però è attuale e ha tanti legami con le donne di oggi vittime di violenza». 
 

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