San Carlo, una «Turandot» moderna con incidente d'auto

Un cortocircuito tra vita e morte

La scenografia della Turandot
La scenografia della Turandot
di Donatella Longobardi
Sabato 9 Dicembre 2023, 09:09 - Ultimo agg. 10 Dicembre, 08:14
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Per lei è un debutto atteso da tempo, dopo una prova in sala di registrazione al fianco di Kaufmann con sir Pappano sul podio. Per lui è un ruolo affrontato più volte, anche in coppia con la moglie-diva Anna Netrebko. Il soprano americano Sondra Radvanovsky e il tenore azero Yusif Eyvazov insieme con il soprano casertano Rosa Feola come Liù, sono i protagonisti della «Turandot», l'opera di Puccini che inaugura stasera la stagione del San Carlo (sipario ore 20, differita in tv su Rai5 dalle 21.15), un omaggio all'autore nei cent'anni dalla morte e una dedica per Maria Callas che cantò l'opera a Napoli nel 49. In sala vip di casa con il governatore De Luca e l'assessore Armato al posto del sindaco e la sottosegretaria Pina Castiello per il governo.

Sul podio il direttore musicale Dan Ettinger, in scena un nuovo allestimento firmato dal giovane russo Vasily Barkhatov al suo esordio in Italia con il suo team: Zinovy Margolin per le scene, Galya Solodovnikova per i costumi e Alexander Sivaev per le luci.

Uno spettacolo complesso, che trasferisce ai nostri giorni la love story tra Turandot e Calaf privandola di ogni connotazione orientaleggiante e con un prologo filmato girato nella suggestiva chiesa di San Lorenzo, nel centro storico. Qui, secondo il plot immaginato dal regista, si svolge il funerale del padre di lui, Timur. Tornando a casa Calaf e Turandot litigano, la loro auto ha un incidente. Inizia così l'opera, tutta giocata in un continuo cortocircuito tra vita e morte, tra realtà e finzione, sogno e fantasy, conscio e inconscio, un incubo metropolitano che porta in scena la carcassa di un'automobile, un'ambulanza, una sala operatoria.

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«Ho voluto preservare la bellezza del trionfo dell'amore, Calaf e Turandot nell'immaginario sono avvicinati ad altre coppie come Romeo e Giulietta, Otello e Desdemona. Ho cercato di offrire alla loro storia più livelli di lettura», ha spiegato Barkhatov che ha lavorato a lungo per costruire lo spettacolo anche insieme agli artisti del coro diretto da Piero Monti e agli altri componenti il cast. A partire da Nicola Martinucci, ex celebre Calaf, che all'età di 82 anni veste i panni dell'imperatore Altoum a Alexander Tsymbalyuk (Timur), Sergio Vitale (un mandarino), Ping, Pang e Pong: te (Roberto DE Candia che sostituisce l'indisposto Alessio Arduini per le prime due reppliche), Gregory Bonfatti e Francesco Pittari. E i doppi per le sette recite fino al 17 dicembre: Oksana Dyka (Turandot), Seokjong Baek (Calaf) e Amina Edris (Liù).

Sondra Radvanovsky, cosa pensa della donna immaginata da Puccini?
«È molto complicata. Sente il peso dell'ava morta per mano di un marito violento e per questo odia gli uomini, tutti. Somiglia un po' a Elisabetta d'Inghilterra: anche lei, come Turandot, è una donna con un destino segnato. Deve regnare e non ha alternative, la sua strada è segnata e fin da bambina ha un solo scopo. Preferisco mille volte di più l'umanità di Tosca e le armonie che Puccini ha scritto per lei. Ma quella di Turandot non è una storia vera, è una fiaba, e come tale va letta».

Yusif Eyvazov, il suo Calaf?
«Lo canto spesso, ma il personaggio non mi è simpatico. Non mi piace un uomo che vede morire la povera Liù e se ne va trionfante con l'altra, crea in me un conflitto, non posso credere che un eroe, un principe, tenga così poco conto di una fanciulla che lo ama. Meglio Radames nonostante sia un guerriero, sceglie l'amore di Aida che lo porta a morire».

Barkhatov ha ideato una regia molto particolare e attuale, cosa ne pensate?
S.R. «Interessante, apre la mente a nuovi orizzonti. È molto curioso, ultimamente ho parlato spesso di opera con il mio compagno, che è un medico sì, un medico, è un neurologo... malattie del cervello, danni al cervello. Ha molta curiosità riguardo l'opera e guarda a questo genere in un modo diverso, con una prospettiva diversa. Perché noi, persone attive nel mondo musicale, guardiamo sempre a essa in un solo modo, mentre lui lo fa in un modo completamente diverso e mi ha detto, l'altro giorno, molto profondamente: "Il tuo business si deve evolvere, l'opera si deve evolvere". Le altre arti hanno subito una evoluzione: televisione, il cinema, perché non la lirica».Y.E. «Devo dire che questa versione con la nuova regia per il San Carlo mi crea meno sensi di colpa. Per fortuna il ruolo ha pagine stupende e, in questa produzione dalla visuale completamente diversa, Liù non è poi tanto una vittima innocente».

Queste operazioni possono aiutare l'opera a uscire dai recinti dei teatri e affrontare un pubblico nuovo e più vasto?
S.R. «Penso che la produzione di Vasily vada sicuramente nella direzione in cui abbiamo bisogno di andare e infonde all'opera idee nuove e può avvicinare i giovani e un pubblico nuovo».
Y.E. «Mi piace una regia moderna se c'è un'idea che il regista riesce a sviluppare senza danneggiare la musica. Spesso i registi mettono in scena delle cose che distraggono lo spettatore dalla musica, per me tutto deve essere in funzione del dramma e della musica e suscitare emozioni. E Barkhatov ci fa emozionare tanto».

Entrambi siete chiamati ad aprire la stagione nello spettacolo più importante dell'anno, c'è molta attesa tra gli appassionati, come affrontate la serata? Ci sono segreti da svelare?
S. R. «Si prova molto, si arriva alla fine un po' stanchi. Forse bisognerebbe stare per due giorni a letto e in silenzio in modo da presentarsi al debutto in piena forma».
Y. E. «Non sono affatto superstizioso ma, come Pavarotti, cerco i chiodi in scena, quelli piegati è meglio, non si sa mai».

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