Schliemann e Napoli, storia d'amore e di denari

Schliemann e Napoli, storia d'amore e di denari
di Francesco Barbagallo
Domenica 8 Maggio 2022, 10:43
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Heinrich Schliemann fu un ricco mercante divenuto, per la sua passione per l'antica Grecia, l'intraprendente archeologo cui si deve la scoperta di Troia nel 1872 e poi, nel 1879, quella di Micene. A duecento anni dalla sua nascita il Centro Internazionale per la Ricerca sulle Civiltà Egee Pierre Carlier di Oristano ha organizzato, da domani al 15 maggio, un convegno cui parteciperanno studiosi di tutto il mondo. Ci sono molte ragioni che collegano questo importante evento culturale alla nostra città. L'organizzatore e coordinatore di questa imponente iniziativa è un archeologo napoletano, Massimo Perna, che dirige il Centro Internazionale per la ricerca sulle civiltà egee e insegna al Suor Orsola Benincasa e all'università di Sassari.

Ma soprattutto sono intensi i legami che fecero del germanico Schliemann un aspirante cittadino di Napoli, come scriveva nel 1875 al suo amico Robert Gauthiot. Anche grazie all'amicizia col ministro napoletano all'Istruzione Pubblica Ruggiero Bonghi diresse scavi dalla Toscana alla Sicilia, ricercò gli esuli di Troia, che giunsero a fondare Roma.

Ebbe una grande amicizia con Giuseppe Fiorelli, insigne archeologo napoletano, direttore del Museo Archeologico e fondatore del Museo di San Martino. E fu in stretti rapporti con l'antropologo Giustiniano Nicolucci, cui donò nel 1876 una collezione di manufatti di pietra provenienti dagli strati antichi di Troia. La collezione fu poi venduta da Nicolucci al Museo di antropologia di Napoli dove si trova tuttora esposta.

Schliemann trattò con Fiorelli l'acquisto per il Museo archeologico del cosiddetto «tesoro di Priamo»: preziosissimi gioielli d'oro rinvenuti in numero di ben 8700 durante gli scavi di Troia. Ma l'offerta del museo partenopeo non fu giudicata congrua e il tesoro fu donato da Schliemann al Museo di preistoria e protostoria di Berlino. Una parte di questi gioielli fu indossata dalla seconda moglie di Schliemann, la giovane greca Sophia Engastromenou, in una famosa immagine fotografica.

Schliemann avrebbe voluto vivere a Napoli e invece qui gli toccò di morire. Sul finire del 1890 si operò all'orecchio in Germania. Avrebbe dovuto osservare un periodo di riposo assoluto. Ma, ancora convalescente, andò a Parigi e poi venne a Napoli e visitò i nuovi scavi di Pompei e di Ercolano. Nel giorno di Natale del 1890 l'infezione passò dall'orecchio alle meningi procurandogli una emiparesi. Cadde per terra al Largo della Carità, fu portato all'ospedale dei Pellegrini e, ormai morente, al Grand Hotel nella piazza antistante la villa reale. Morì il 26 dicembre 1890.

L'ultimo collegamento tra il grande archeologo tedesco e la nostra città riguarda la sorte toccata nel secondo dopoguerra al tesoro di Priamo, indagata con estrema perizia da un valente giornalista Rai, che era anche appassionato di archeologia, Luigi Necco. Durante la seconda guerra mondiale il tesoro era stato messo al sicuro nel bunker sotto la torre antiaerea nello zoo di Berlino, da dove sparì misteriosamente nel 1945. Per parecchi decenni se ne persero le tracce. Una pista occidentale attribuiva agli americani il trafugamento dopo la caduta del Reich.

Agli inizi degli anni '90 Necco conduceva una apprezzata trasmissione televisiva di Raitre, «L'occhio del faraone», per cui dedicò una serie di reportage al tesoro di Priamo. Dopo numerosi viaggi in Germania e in Russia riuscì a trovare Hansen Jurgen Hundt, l'orafo che aveva realizzato una copia del tesoro. Poche settimane prima di morire Hundt raccontò che un ufficiale russo, con una pistola in una mano e una lista nell'altra, si era presentato al bunker di Berlino e aveva intimato al direttore del Museo di preistoria e protostoria di consegnare una serie di casse indicate nella lista. Necco si convinse che la pista russa fosse quella giusta e ne trovò conferma in una ricca collezione di vasi d'argilla restituita dai russi a Berlino est: dai numeri d'inventario uno, restituito per sbaglio, risultava appartenente al tesoro di Priamo.

Nel 1991 gli storici dell'arte Konstantin Akinsha e Grigori Kozlov soStennero sulla rivista «Art News» di avere documenti che dimostravano la presenza del tesoro presso il Puskin museum di Mosca. Necco si precipitò a intervistare la direttrice del museo Irina Antonova, che negò di avere il tesoro. Ma l'intraprendente giornalista riuscì a farsi confidare che conteso bottino archeologico era conservato nella cassaforte all'ingresso del museo Puskin da Saweli Yamshikov, membro della commissione Sidorow per la reciproca restituzione dei beni trafugati durante il conflitto mondiale. Necco raccontò questa storia nel libro Il giallo di Troia. Alla ricerca del tesoro di Schliemann stampato nel 1993 da Tullio Pironti. Contemporaneamente gli studiosi Akinsha e Kozlov pubblicarono un nuovo articolo su «Art News», corredato della lista di carico degli oggetti presso il Museo Puskin e di una foto della direttrice Irina Antonova mentre presenziava alle operazioni di acquisizione del tesoro presso il Museo di Mosca.
 

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