Massimo Troisi, scusate il ritardo: la laurea solo nel 2020

Massimo Troisi, scusate il ritardo: la laurea solo nel 2020
di Ugo Cundari e Gloria Satta
Martedì 4 Giugno 2019, 08:04 - Ultimo agg. 08:16
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Una laurea per Massimo Troisi? Si, ma l'anno prossimo, non in questo vencinquennale dalla sua morte che cade oggi: scusate il ritardo, insomma. Enzo De Caro ieri, su queste pagine si è lamentato di aver discusso, sin dall'anno scorso, ma ancora senza frutto, con i vertici della Federico II dell'attribuzione di una laurea honoris causa all'amico. Il rettore dell'ateneo napoletano, Gaetano Manfredi, sottolinea che bisogna avere ancora un po' di pazienza: «Visto che Troisi non c'è più, l'unica possibilità che abbiamo è di conferirgli una laurea alla memoria, sulla scia di quello che abbiamo fatto per Totò», spiega, «i tempi si sono un po' allungati, sarebbe stato bello darglielo quest'anno ma ci vuole ancora qualche mese. Il dipartimento di Studi umanistici sta lavorando in questo senso, non c'è alcun ostacolo. L'obiettivo è di celebrare la cerimonia il prossimo anniversario. E poi questi sono riconoscimenti importanti, non se ne possono fare tanti».

Il ricordo di Troisi a 25 anni dalla sua scomparsa, è così affidato alle repliche in tv e al ricordo degli amici di sempre. «Sensibile, ironico e insieme malinconico, innamoratissimo delle donne. Era la persona più fragile e più creativa con cui abbia mai lavorato»: così lo ricorda Francesca Neri che ristabilita dopo i problemi di salute affrontati negli ultimi mesi, traccia un ritratto intimo del collega con cui, nel 1991, girò «Pensavo fosse amore... invece era un calesse», irresistibile commedia sentimentale i cui protagonisti si prendono e si lasciano tra gelosie e ripicche, e penultimo film di una carriera culminata nel successo postumo de «Il Postino»: «Quel film, oltre a non aver perso la sua freschezza, riflette bene», spiega Francesca, «la filosofia di Massimo sulla coppia».
 
Che cosa intende dire?
«Quando il suo personaggio dice che l'uomo e la donna sono troppo diversi per stare insieme, esprime una ferma convinzione di Troisi. Mi confidò che all'inizio di ogni storia d'amore desiderava sposarsi e avere figli, ma poi finiva puntualmente per ricredersi. Sosteneva che le donne sono troppo gelose, possessive, esigenti e lui non si sentiva alla loro altezza. Ma gli piacevano da morire e, sapendo forse che gli restava poco da vivere, non si negava conquiste ed emozioni. Quando lo conobbi, si stava lasciando con Clarissa Burt che non tollerava il suo successo con le ragazze: non gli davano pace, si presentavano a frotte anche sul set».
Perché la scelse come protagonista del film?
«Mi aveva scoperta nel dramma erotico di Bigas Luna Le età di Lulù e, scherzando, mi disse che voleva diventare un sex symbol come me. In realtà aveva visto nei miei occhi la sua stessa malinconia. Diventammo subito amici».
Che cosa ricorda della lavorazione?
«L'entusiasmo incontenibile dei fan. A Napoli era popolare come Maradona e veniva assaltato dalla folla. Da una parte ne era felice, dall'altra viveva questo enorme successo come un disagio. Era riservatissimo, refrattario a qualunque presenzialismo o mondanità. Finito il lavoro sul set, ci chiudevamo in albergo dove una sera si presentò Pino Daniele per proporre a Massimo il brano che aveva composto per il film: Quando. Accennò il motivo alla chitarra e io ricordo bene Troisi che ascolta, annuisce e cambia qualche parola qua e là».
Era un regista molto esigente?
«Amava fare le cose alla perfezione ma sul set non c'è mai stata una tensione, un'arrabbiatura, un litigio. Lo amavano tutti. Non riusciva a dare ordini nemmeno ai camerieri filippini che si prendevano cura della sua villa ai Parioli. Era un vero signore, elegantissimo nella semplicità che gli veniva dalle origini modeste».
Siete rimasti amici dopo le riprese di Pensavo...?
«Sì, lui prese a cuore la mia carriera. Mi spinse a rifiutare Puerto Escondido e un film di Pupi Avati. Ma, pur essendo geloso di Carlo Verdone, mi consigliò di fare Al lupo, al lupo».
Quand'è stata l'ultima volta che l'ha visto?
«Negli ultimi giorni della sua vita, a Ostia, in casa della sorella Annamaria dove sarebbe morto. Per questo motivo non sono mai riuscita a vedere Il postino. Mi fa troppo male».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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