Campania, l'assessore Caputo: «Agricoltori, ora fate rete contro i prezzi alle stelle»

Pressing sui comuni per tutelare i terreni agricoli e spingere al riutilizzo di quelli abbandonati

L'assessore Caputo
L'assessore Caputo
Sabato 19 Agosto 2023, 10:59
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Francesco Vastarella
«La lezione del caroprezzi di frutta e verdura di questa estate impone una accelerazione, un cambio di rotta a livello locale per non subire i riassetti globali senza difese. Indispensabile un adeguamento ai nuovi orientamenti del mercato agricolo e dei consumi, al modello di vita digitalizzato». Comincia con questo ragionamento l'assessore regionale all'Agricoltura, Nicola Caputo, che ha alle spalle una esperienza da eurodeputato e di politiche agricole comunitarie. I prezzi di pesche e nettarine oltre i 5 euro, delle albicocche che volano verso i 4 e soprattutto la scarsa qualità e la minore produzione hanno scatenato un terremoto nella Campania Felix da sempre vocata alle coltivazioni di qualità.
Assessore, come si possono difendere gli agricoltori napoletani e campani da questa crisi, c'è il caroprezzi ma nelle loro tasche entra poco?
«Il mercato e le sue vecchie reti di collegamento sono cambiate a livello locale e globale, e continueranno a cambiare così come il clima. Bisogna mettere in atto una serie di azioni di difesa a cominciare dalle valorizzazioni delle tipicità geografiche. La Regione è impegnata a sostenere gli eroici agricoltori campani. Si deve passare a esperienze di marketing e di cooperazione territoriale. In una frase: incrementare le capacità contrattuali facendo rete e riorganizzando l'offerta».
La neopresidente di Coldiretti Napoli, Valentina Stinga, rilancia su prodotti e consumi a chilometri zero come modello per questa fase difficile.
«Da tempo le associazioni dei coltivatori e la Regione sostengono questa linea. Sì, è un buon punto di ripartenza dopo lo sconforto tra gli operatori. La distorsione del mercato è evidente e va corretta».
Vendita a chilometri zero. Poi?
«Le aziende agricole, piccole o medie che siano, devono sfruttare al meglio le tecnologie e le opportunità della digitalizzazione. Molti, giovani soprattutto, già lo fanno, ma ancora non basta. Come Regione spingeremo su questo con le risorse disponibili e quelle che vengono dalla Unione europea».
Al di là degli interventi di sostegno al comparto, dopo la crisi di questi due mesi si profila una nuova ondata di fuga dai campi, soprattutto in aree con i territori compromessi come la fascia tra Napoli e Caserta.
«Il rischio è concreto purtroppo e andrebbe a danneggiare il ritorno ai campi che abbiamo registrato negli ultimi anni. Ma io credo che questa crisi possa essere anche una opportunità».
Suoli fertili abbandonati o divorati da cemento e rifiuti come nel Napoletano e nel Casertano. Proprietari indisposti ad affittare perché sperano in un cambio di destinazione d'uso molto più redditizio con i Puc che i comuni rinviano in eterno. Come se ne esce?
«Il fenomeno esiste e preoccupa non poco. I comuni che mantengono e tutelano i suoli agricoli vanno incoraggiati. I terreni coltivabili nel tempo offrono all'intera comunità benefici di reddito e di tutela ambientale. Lo sviluppo non viene solo dall'insediamento di condomini. Insieme con l'Anci la Regione sta mettendo a punto la banca dati dei suoli incolti, purtroppo tanti sono anche di proprietà comunale. Dobbiamo spingere per un nuovo modello di accesso alla terra per favorire i giovani che voglio mettere in rete anche i piccoli appezzamenti».
A quale modello sta pensando?
«A quello dell'Andalusia per esempio, dove le nuove generazioni di agricoltori sono protagoniste nel campo dell'ortofrutta e del biologico tanto da incidere sui mercati esteri, anche sul nostro come si vede in questi giorni leggendo la provenienza di pesche, albicocche, che per secoli sono state nostro vanto».
Lei pensa che bisogna trovare un punto di equilibrio tra produzione per i consumi locali e i merfcati globali.
«Il Covid prima e la guerra in Ucraina poi hanno dimostrato che l'autosufficienza non è pensabile. Bisogna muoversi sui due fronti e tenere sempre d'occhio il futuro. Mmi dicono che in Inghilterra, per effetto del cambiamento climatico, si stanno attrezzando a produrre vino per fine secolo. Questo la dice lunga sugli scenari da affrontare».
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