Murales e altarini del clan a Napoli,
aperta un'inchiesta: «Danni e omissioni»

Murales e altarini del clan a Napoli, aperta un'inchiesta: «Danni e omissioni»
di Leandro Del Gaudio
Sabato 23 Gennaio 2021, 09:29 - Ultimo agg. 14:23
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Sono stati creati nei pressi di chiese e tracciati storici, edifici d'epoca, strade di pregio. Sono nati in zona vincolata, dove - a voler essere precisi - non è possibile neppure fissare un mobile all'esterno di un balcone. Stanno lì in bella mostra, da mesi, in alcuni casi protetti da catene e vetri blindati (ovviamente abusivi), come se fossero luoghi di culto destinati ad attrarre proseliti e a generare affiliazioni. Casi diversi, mano differenti, stesso mood. Murales, altarini, cappelle improvvisate, gazebo. Ce n'è abbastanza a spingere la Procura di Napoli ad aprire un'inchiesta su una sorta di sfregio permanente, tollerato da chi avrebbe invece il dovere di intervenire. Un fascicolo ad hoc che prende di mira - solo per fare qualche esempio - i due murales di Ugo Russo e Luigi Caiafa, minori uccisi pochi mesi fa, per mano di esponenti delle forze dell'ordine, mentre consumavano rapine notturne. Quartieri Spagnoli e Decumani, zone vincolate, che sono state imbrattate da questi e altri scempi. Una vicenda che va raccontata da una premessa, mai come in questo caso doverosa: verifiche e interventi verranno condotti nel rispetto del dolore dei parenti dei due giovani colpiti a morte, nel tentativo di ripristinare comunque le regole, in materia di decoro pubblico e arredo urbano. Inchiesta condotta dalla sezione coordinata dal procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli (un gruppo di magistrati che si occupa della tutela del nostro patrimonio monumentale), che batte due ipotesi in particolare: il danneggiamento del patrimonio monumentale; e le eventuali mancate risposte da parte delle istituzioni, vale a dire l'assenza di sigilli, multe, denunce o interventi in grado di ripristinare lo stato dei luoghi.


Ma sul fronte dei murales e degli altarini, si registra oggi anche l'intervento del ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, che fa sentire la sua voce all'indomani della lettera aperta pubblicata ieri da Il Mattino, esplicito fin dal titolo: «Caro ministro, il Comune non ascolta lo Stato», a proposito del silenzio del sindaco dopo l'appello del prefetto a rimuovere i murales.

Spiega oggi a Il Mattino il ministro Lamorgese: «Ho parlato con il prefetto di Napoli Marco Valentini e gli ho chiesto di andare avanti nella sua battaglia per l'affermazione di una cultura della legalità condivisa. Sposo in pieno la sua linea, il prefetto di Napoli ha ragione, quei murales vanno rimossi».

 


Ma torniamo alla posizione espressa dal prefetto, dieci giorni fa sulle colonne di questo giornale, nel commentare gli episodi di cronaca che sempre più spesso hanno visto protagonisti i più giovani: «Ho chiesto più volte al Comune di far conoscere la sua posizione, perché per parte nostra questi murales sono un pessimo segnale e andrebbero rimossi. C'è il rischio che si alimenti un disvalore, che si promuova uno stile di vita meritevole di celebrazione». Una richiesta di interventi probabilmente discussa anche in sede di comitato per l'ordine pubblico (quindi in presenza dell'amministrazione cittadina) che non ha sortito - ad oggi - alcun intervento.

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LE VERIFICHE
Intanto, si muove la magistratura. Riflettori puntati sui murales dei due babyrapinatori, ma anche su altarini riservati a emergenti del panorama criminale del calibro di Emanuele Sibillo, ucciso che non aveva ancora 20 anni, dopo aver scatenato la guerra delle paranze, a ridosso dei Decumani. Per non parlare poi degli altarini per i discendenti del clan Giuliano o per altri giovani uccisi nel corso di faide più o meno recenti. Una galleria di interventi su cui ora la Procura punta a fare chiarezza, con una selezione dei casi più gravi. C'è stato danneggiamento del patrimonio monumentale? Disegnare gigantografie nei pressi dei Decumani o in zona Quartieri ha violato i nostri edifici storici? E ancora: chi li ha disegnati quei volti, quelle sagome? Che materiale è stato utilizzato? Con il permesso di chi? Ed è quest'ultima domanda che introduce l'elemento principale dell'inchiesta, quella delle possibili lacune da parte di chi aveva il dovere di intervenire, di chi svolge un ruolo di controllo sul territorio. Per tanti mesi, la storia dei murales è stata discussa sui giornali, anche prima che si levasse la voce del prefetto, eppure non c'è stato alcun tentativo di trovare una soluzione per rimuovere immagini che veicolano valori distorti. Un punto sul quale ieri il prefetto Valentini è tornato a battere, in una intervista a radio Crc, ribadendo la sua convinzione: quei murales vanno rimossi, Napoli non può diventare una città sudamericana. Un punto sul quale è d'accordo il ministro dell'Interno, mentre la Procura dà inizio alle sue verifiche.

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