Comune di Napoli, il rilancio: «Alla Cassa depositi pezzi di patrimonio»

Napoli conti in rosso, ecco il piano

Comune di Napoli, il rilancio: «Alla Cassa depositi pezzi di patrimonio»
di Luigi Roano
Domenica 21 Novembre 2021, 23:30 - Ultimo agg. 23 Novembre, 12:29
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Nel vertice segreto di giovedì scorso al Mef tra il sindaco Gaetano Manfredi, l’assessore al Bilancio Pier Paolo Baretta e i tecnici del ministero, non ha ripreso quota solamente la possibilità dello scorporo del debito, vale a dire un commissario ad hoc che gestirebbe il deficit sul modello Roma. Al Mef è venuta fuori anche la disponibilità alla discesa in campo di un altro attore, un player d’eccezione: CdP - acronimo che sta per Cassa depositi e prestiti - con la quale il Comune ha il 90% del debito finanziario, sono circa 700 i mutui con CdP dal valore di circa 2,5 miliardi. CdP - sostanzialmente - è pronta a impegnarsi sulla questione del patrimonio immobiliare del Comune sotto forma di acquisto, ma soprattutto per la trasformazione e valorizzazione di pezzi del patrimonio immobiliare.

Vale a dire mettere a reddito i cespiti. Asset che da anni è stato inserito nelle manovre del Municipio per il riequilibrio del debito che sfiora i 5 miliardi senza però nessun risultato.

Manfredi ha preso in mano la situazione appellandosi al premier Mario Draghi e al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha incontrato ieri sera al San Carlo. Con il Capo dello Stato l’ex rettore ha avuto un colloquio riservato di 15 minuti al quale si è aggregato poi anche il Presidente della Camera Roberto Fico. Manfredi ha rinnovato l’appello a Mattarella: «Aiutiamo Napoli a rinascere e non a mandarla in dissesto». Ricevendo l’apprezzamento del Presidente con il quale il dialogo è continuo. 

Il primo contatto del sindaco con Cdp c’è stato all’Anci il 10 di questo mese a Parma. Quel giorno incontrò Dario Scannapieco, amministratore delegato di Cdp. La trattativa del Comune con Cassa Depositi e Prestiti - a onor del vero - è iniziata almeno un paio di anni fa - sotto la gestione di Luigi de Magistris - ma sul fronte delle alienazioni del patrimonio non è mai decollata. Anzi è tramontata del tutto. L’istituto - però - ha nel frattempo aperto una sede a Napoli, rafforzando il proprio presidio sul territorio. L’incontro Manfredi-Scannapieco - con la mediazione del Mef che detiene l’84% di CdP - potrebbe avere l’effetto di far cambiare il vento tra l’Istituto e Palazzo San Giacomo. Si saprà qualcosa in più al riguardo già nella settimana appena iniziata perché stando a quello che trapela sarebbero stati programmati altri incontri per approfondire il caso Napoli e il rapporto con CdP. Quello che emerge è che inizia a prendere forma è l’emendamento salva Comuni. Che dovrebbe entrare nella legge di Bilancio sotto forma di aiuto alle Città metropolitane e non solo ai Comuni inguaiati sotto il profilo finanziario come quello di Napoli. Provvedimento così strutturato sotto il profilo delle norme: scorporo del debito, intervento di CdP sul patrimonio immobiliare e il cosiddetto accollo del debito con lo Stato che rinegozia i mutui con le banche per abbassare i tassi di interesse. Per quello che riguarda l’aspetto finanziario, una forte iniezione di liquidità che nei prossimi tre anni dovrebbe valere almeno 600 milioni. 

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Per capire come stanno le cose, basta dare uno sguardo al flop della vendita del patrimonio da parte del Comune, con quei soldi Palazzo San Giacomo avrebbe dovuto fronteggiare il debito una missione però miseramente fallita. Un po’ perché il mercato immobiliare è in panne e per l’altro verso il Municipio napoletano non ha ancora una struttura pronta per la dismissione. Se ne occupa NapoliServizi, che però ha poche risorse umane disponibili. E i numeri schiariscono bene le idee su questo punto. Alla voce «Alienazioni beni materiali e immateriali» nel 2018 erano stati previsti in bilancio 9 milioni. A fine anno furono riscossi 5 milioni, di cui 4 derivanti dalle vendite di immobili residenziali Erp che finanziano, nel 2018, il disavanzo dell’Ente per un importo di 1,5 milioni. Sempre rispetto a questa voce, risultano in essere 28 milioni di residui attivi. Cioè crediti che sono solamente un vuoto valore contabile. Nel rendiconto 2019 la previsione iniziale di entrate da alienazioni era pari a 109 milioni. A fine anno sono stati accertati 6,7 milioni e riscossi 6,4. Di questi, 4,4 sono stati destinati al recupero del disavanzo e 2,3 milioni per investimenti su metro e funicolare. Sono state espletate aste pubbliche per la vendita di immobili per un importo di 28 milioni e realizzate vendite per 1,4 milioni.

Un quadro desolante. E significa che il piano di dismissione del Comune è stato un autentico fallimento. Di qui la collaborazione con CdP per passare a un’azione che preveda la trasformazione e la valorizzazione del patrimonio comunale. In vendita ci sono 12.551 pezzi del patrimonio così suddivisi: beni demaniali vale a dire strade, piazze, mercati, cimiteri, mercati, beni di interesse storicoculturale, destinati a realizzare interessi pubblici e soddisfare bisogni collettivi e, pertanto, assoggettati ad una disciplina pubblicistica. Beni patrimoniali indisponibili cioè sedi istituzionali, scuole, impianti sportivi, alloggi di edilizia residenziale pubblica, aree verdi, vincolati ad una destinazione di pubblica. Beni patrimoniali disponibili ovvero fondi commerciali, ristoranti e simili destinati a produrre reddito. 

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