Morto Mario Catalano, addio al giornalista e politico che lottava per i deboli e l'unità della sinistra

Morto Mario Catalano, addio al giornalista e politico che lottava per i deboli e l'unità della sinistra
di p. per.
Sabato 15 Gennaio 2022, 09:00
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È stato per decenni uno dei punti di riferimento della sinistra napoletana, di quella che in passato non si riconosceva più nel Pci ma anche di coloro che in quel partito avevano deciso di restare. Addio a Mario Catalano, il 25 gennaio avrebbe compiuto 82 anni. Segretario provinciale della Federazione giovanile del Pci negli anni Sessanta, arrestato durante le proteste contro il governo Tambroni, semplicemente Mario - come l'hanno sempre chiamato coloro che lo conoscevano e gli hanno voluto bene - decise di rompere con il partito comunista insieme con il gruppo del Manifesto, giornale di cui è stato il primo corrispondente da Napoli a partire dall'aprile del 1971, in anni in cui la politica e il giornalismo erano spesso tutt'uno.

Deputato nell'ottava legislatura (1979/1983), fu particolarmente impegnato sui decreti del dopo terremoto.

Poi consigliere comunale a Napoli, Catalano è stato per anni la bandiera di quel gruppo di giovani dirigenti comunisti che si ritrovano in un appartamento di via Pessina, sede dalla federazione del Pdup, il cui segretario era Raffaele Tecce.

Una lunga attività politica, costellata da battaglie, qualche vittoria e molte amarezze, vissute sempre insieme con Anna, la moglie con la quale ha condiviso gli stessi ideali. Catalano è stato per decenni in prima fila nelle lotte che hanno attraversato la città di Napoli, sul fronte della battaglia per il lavoro come per le case popolari. E seppure collocato fuori dal grande Pci dell'epoca, ha sempre lavorato per l'unità della sinistra, tanto da non trovarsi d'accordo con il suo Pdup quando decise di presentare liste autonome nel capoluogo all'indomani della caduta della giunta Valenzi.

Lo ricorda Aldo Garzia nel libro Da Natta a Natta: «Mario Catalano, deputato di Napoli, conduce un'isolata battaglia durante il comitato centrale che si tiene all'hotel Jolly. Tenta di convincere il gruppo dirigente che la scelta di presentare propri candidati può mettere a repentaglio la credibilità a Napoli dove la giunta di sinistra, capeggiata da Valenzi, rischia di non essere confermata. Non c'è niente da fare, Magri insiste e chiede un voto sulla decisione a cui spingono soprattutto i militanti del Movimento lavoratori per il socialismo. Una decina di astenuti vengono messi a tacere dalla stragrande maggioranza che accoglie la proposta». 

Una delle molte volte in cui si è ritrovato in minoranza, senza che Mario abbia mai smesso di credere e di lottare per la nascita di un solo partito di sinistra che potesse essere il punto di riferimento per tutti coloro che volevano cambiare la società e riformare le istituzioni. Della sua esperienza politica era solito riflettere: «Il nostro - scriveva per i quarant'anni del Manifesto - è stato un vero confronto, e non solo a Napoli, in stretto rapporto con le trasformazioni sociali. Pensiamo alle lotte studentesche e alla contestazione. È stato un dibattito per la formazione di una politica, contrario a spinte correntizie». Catalano non ha però mai risparmiato critiche al centralismo democratico del Pci e anche alla sinistra ingraiana: «L'adesione - ricordava - alle misure disciplinari contro il gruppo del Manifesto, l'isolamento dello stesso Ingrao comportano un indebolimento del dibattito degli anni Settanta, con riflessi sulla stessa tenuta di Berlinguer nella crisi degli anni Ottanta e sarà così fino allo scioglimento dopo la Bolognina». Catalano nel 93 aderisce a Rifondazione, ultima tappa di un impegno lungo una vita, percorso comune a tanti che nella politica non hanno mai smesso di credere. 

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