Napoli, primo maggio delle Reti sociali:
«Reddito di emergenza per tutti»

Napoli, primo maggio delle Reti sociali: «Reddito di emergenza per tutti»
Venerdì 1 Maggio 2020, 17:02
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Da Bagnoli al Vasto passando per Montesanto e i Quartieri Spagnoli. Il primo maggio delle reti sociali e dei sindacati di base ha visto striscioni, cartelli, speakeraggio e volantinaggi nei quartieri popolari della città, spesso accompagnati alla distribuzione della spesa solidale che va avanti da quasi due mesi.

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«Gli stessi volontari che vanno bene per la solidarietà dal basso ma vengono sanzionati se poi riportano la voce di chi è quasi alla fame sotto i palazzi del governo. Per questo oggi abbiamo messo insieme le due cose: nessuno ci ridurrà al silenzio - si legge in un comunicato -. Striscioni anche davanti alle banche, alle metropolitane, ai luoghi di lavoro per rivendicare l'urgenza sempre più impellente delle misure di allargamento del diritto al reddito dei non garantiti, nuove norme sugli affitti, il rilancio della Sanità pubblica e della medicina di territorio insieme a un piano di screening sanitario di massa per tutelare il diritto alla salute. Con l'invito esplicito a prendere i soldi dove sono, con la patrimoniale: paghino i ricchi che hanno continuato ad arricchirsi anche in questi anni di crisi. Una giornata però anche per protestare contro la repressione e l'illegalizzazione di ogni forma di agibilità democratica dello spazio pubblico, comprese le forme autoregolate e tutelate (ome abbiamo visto con multe e sanzioni nelle scorse settimane). Un uso dell'emergenza come un manganello che non è accettabile a maggior ragione in un momento di gravissima crisi in cui si prendono decisioni che incideranno sul presente e sul futuro di milioni di precari, poveri, lavoratori non garantiti, disoccupati, che se invisibilizzati restano senza nessuna possibilità di presa di parola dal momento che non possiedono ovviamente le lobby dei grandi gruppi industriali e finanziari.  E' cosi evidente l'esistenza di una questione democratica in un paese in cui siamo sommersi di indicazioni e pronostici su come funzionerà qualunque attività commerciale ma non si discute nemmeno delle forme possibili di espressione delle rivendicazioni sociali (che si stanno dando invece in altri paesi, rispettando il distanziamento, i dpi, la tutela propria e altrui). Un livello di repressione che non c'entra niente con la tutela della salute e che non è accettabile: e infatti non lo abbiamo accettato».
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