Sardine a Napoli, in piazza giovani e tanti delusi della sinistra: «Siamo qui per dire che esistiamo»

Sardine a Napoli, in piazza giovani e tanti delusi della sinistra: «Siamo qui per dire che esistiamo»
di Antonio Menna
Domenica 1 Dicembre 2019, 09:30 - Ultimo agg. 14:48
4 Minuti di Lettura

Sardine dovevano essere e sardine sono state, pigiate dentro la grande scatoletta di piazza Dante, nel buio appena illuminato dai display dei cellulari alti al cielo. Che la manifestazione si profilasse come partecipata si percepiva già in metropolitana. La linea Uno, dalle diciotto, ha cominciato a veder comparire nei vagoni il segno di riconoscimento dei radunati: una sardina disegnata sul cappello, una sardina appicciata sul cappotto, una sardina disegnata su una sagoma e portata in vista. Nessun timore, anzi l'orgoglio di dire dove si stava andando. Ma tutto questo da Vanvitelli in poi. È molto popolo benestante, colto, di quella che un tempo si sarebbe definita media borghesia, quello che si infila col primo buio nei treni stranamente puntuali e poi sale con gli occhi accesi le scale mobili di piazza Dante, urlando che bello, siamo tantissimi. E prendendo il cellulare dal taschino, che sembra il vero protagonista della serata. Tutti con lo smartphone: foto, selfie, dirette sui social, al punto che a metà serata il segnale comincia ad arrancare, le tacche scendono, la rotella della connessione si incanta. Sembra Capodanno, non ci sono i botti ma c'è aria di festa e manca poco che le persone si scambino gli auguri tra loro, chiusi nei primi cappotti.
 

 

«Siamo così tanti che non si riesce più a girare intorno alla piazza», urlano dagli altoparlanti. Con tanto di boato della folla. Su una pedana improvvisata e al buio, nell'unico microfono si alternano voci che nessuno presenta. Qualcuno lo da fa sé. La prima a parlare è Antonella. La parola più pronunciata è razzismo, poi migranti, poi odio, poi pace, poi perfino amore. Qualcuno invoca le Quattro giornate di Napoli, la resistenza. Ma il tutto si mescola al forziere dei tesori napoletani: Pino Daniele di Napule è sfuma per lasciare spazio a Bella ciao, che viene cantata da giovani e da anziani, qualcuno anche col pugno chiuso.
 

«Esistiamo come comunità, non come singoli», dice Luigi, 19 anni, con le idee ben chiare, mentre rifiuta di farsi fotografare. Accetta a malincuore, invece Stefania Barone, 42 anni, di San Giovanni a Teduccio, maestra elementare. «Sono venuta per vedere di persona quanti napoletani sono disposti a scendere in piazza contro Salvini. Quanti miei concittadini ci stanno ad alzare la voce e farsi sentire». Alla domanda su chi ha votato alle ultime elezioni la risposta è laconica: «Non voto da un po' ma mi sento di sinistra, problematicamente di sinistra». Fabio Gargano, invece, 48 anni, operatore culturale, vota e vota a sinistra. «Sono qui in quanto antifascista, lo dico a voce alta e senza problema; voto a sinistra, certo, ma con sofferenza perché nessuno rispecchia in pieno i miei ideali». Nei capannelli di persone comuni si confondono anche alcuni esponenti politici, tra cui Antonio Bassolino. Ma nessuno di loro cerca taccuini o telecamere. La parola d'ordine è profilo basso. La parola alla gente comune. Ragazzi come Andrea Ciaravolo, 24 anni, studente di Filologia moderna ragiona pacatamente della «grande partecipazione. Tutta questa voglia di partecipare si sentiva nell'aria. Siamo qui contro il leghismo, per fermare politica di odio e di discriminazione. No, non voglio dirti per chi ho votato, ma comunque sì, sono di sinistra. «Spero che le Sardine non diventino movimento né partito ma solo grande flusso spontaneo di mobilitazione», aggiunge Emanuela Gagliardi, 22 anni, studentessa di scienze dell'educazione, di Portici. Anche lei non vuole dire per chi ha votato. «Certo non a destra», si lascia sfuggire. «Sono qui per far valere i miei ideali dice, invece, Rino Panico, professore universitario di 69 anni -, non scendevo in piazza da molti anni. Bisognava dare un segnale e lo abbiamo fatto». «Anche io torno in piazza dopo molti anni aggiunge Enzo Bonifiglio, 72 anni, insegnante di storia dell'arte in pensione -, e sono commosso da quello che vedo.
Leggo segni di una profonda cultura politica; non c'è solo una mobilitazione, c'è un vero risveglio». La serata finisce quasi per caso, senza sussulti. Dal palco si smette di parlare. La musica si ferma. I capannelli si spostano verso piazza Bellini, verso Port'Alba. Qualcuno riprende la metro. Altri continuano la battaglia politica con un bicchiere di rosso nei locali del centro storico.

© RIPRODUZIONE RISERVATA