Sindaco di Napoli, la confessione di Fico: «Mi piacerebbe ma adesso faccio altro»

Sindaco di Napoli, la confessione di Fico: «Mi piacerebbe ma adesso faccio altro»
di Luigi Roano
Lunedì 23 Novembre 2020, 12:00
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Si sfila il presidente della Camera Roberto Fico dalla corsa alla poltrona a sindaco di Napoli nel post de Magistris. Se si tratta di tatticismo o strategia lo vedremo presto, per il momento la terza carica dello Stato fa un passo indietro. Un fatto politico grosso, di peso, che potrebbe condizionare l'eventuale alleanza con il Pd pure a Napoli per un «campo largo». E di certo condizionerà la scelta del candidato in caso di alleanza. Se si sfila Fico, dalle nostre parti nel M5S tirano le fila di eletti e attivisti il duo Di Battista-Di Maio più di destra rispetto a Fico con idee marcatamente differenti dal mondo dem. Il presidente della Camera l'annuncio lo fa in «Mezz'Ora» su Rai Tre a Lucia Annunziata. Mentre a Napoli gli ultimi mesi di consiliatura di de Magistris sono a forte rischio perché l'ex pm non ha più una maggioranza numerica. E se facesse un accordo con i responsabili del centrodestra verrebbero meno pure quei 18 eletti del popolo che gli sono rimasti fedeli politicamente. Un contesto difficile per de Magistris, ma anche per il Pd chiamato a dirimere una matassa non semplice in quanto partito guida di quella parte politica e dopo 10 anni intenzionato a riconquistare il Comune. Procediamo con ordine a iniziare da Fico. 

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Dunque Fico sceglie come fanno tutti i politici un salotto televisivo di peso per spiegare le sue scelte rispetto alla città in cui è nato: «È chiaro - spiega la Terza carica dello Stato - che il sindaco di Napoli ha un peso e un onere enorme. È normale che come napoletano mi piacerebbe fare il sindaco.

In questo suo grande animo popolare Napoli è una città straordinaria. Però sono la Terza carica dello stato e so che ruolo sto svolgendo». Queste le parole di Fico alla Annunziata in merito a una sua candidatura a sindaco. Fico - questa la sensazione - una porticina se la lascia aperta, altrimenti non avrebbe detto «mi piacerebbe molto fare il sindaco». La sostanza è che anche a Roma ci potrebbe essere un turn over e in un rimpasto generale tutte le cariche, non solo quelle ministeriali, verrebbero rimesse in gioco. 

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Ritornando a de Magistris e alle sue possibilità di ultimare il mandato lo scontro nel campo del centrosinistra è duro. Volano metaforicamente mazzate. Il Pd è - vista la storia recente una vera novità - messo bene a livello strategico rispetto a de Magistris. I dem vogliono che il sindaco ritiri Alessandra Clemente da candidata sindaca come sua successore. Messa in campo quando si stava lavorando per riunire il centrosinistra, una mossa da rosso diretto se si fosse trattato di una partita di calcio, il rosso sarebbe stato dato per slealtà sportiva. Una richiesta non campata in aria quella dei dem e nemmeno esagerata atteso che l'obiettivo del segretario cittadino Marco Sarracino è quello di avere un centrosinistra quanto più largo possibile perché gli avversari stanno da un'altra parte. Con la Clemente fuori dai giochi, gli arancioni rientrerebbero in quel campo, cioè il centrosinistra. E forti spinte arrivano dai fedelissimi del sindaco in questa direzione. Se de Magistris non volesse sentire ragioni aprendosi al centrodestra allora si assumerebbe la responsabilità di questa mossa, non sarebbe il fratello maggiore Pd a ad averlo messo fuori casa, semplicemente l'ex pm in quella casa non ci vuole stare. Lo stato in cui versa la città dopo quasi 10 anni di amministrazione de Magistris è sotto gli occhi di tutti il secondo mandato è stato letteralmente tragico da questo punto di vista.

La sinistra quella alleata a Napoli con de Magistris e a Roma con il Governo è in pressing sul sindaco, ma anche sul Pd. Per Mario Coppeto, giusto per fare nome e cognome, il vertice della settimana scorsa tra segretario Pd e sindaco è troppo poco. Di qui l'appello al Pd: «Sono d'accordo che la Clemente vada tolta dal campo. Però il Pd deve spiegarci cosa vuole fare. Il segretario Sarracino e il presidente Paolo Mancuso non possono mettere solo veti. Convochino un tavolo coinvolgendo le forze di governo e il sindaco. Per riorganizzare la sinistra in un progetto unitario».

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