Stefano Caldoro lascia Forza Italia: «Non sono un ingrato, Berlusconi ha sbagliato tutto»

L'intervista all'ex ministro ed ex governatore dopo lo strappo

Stefano Caldoro già ministro e governatore della Campania
Stefano Caldoro già ministro e governatore della Campania
di Adolfo Pappalardo
Giovedì 17 Novembre 2022, 07:15 - Ultimo agg. 15:39
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«Ho un consiglio per Fulvio Martusciello...».
Prego.
«Non usi lo scontro personale nel confronto politico. E poi le bugie hanno le gambe corte».

Ecco la replica di Stefano Caldoro, ex ministro ed ex governatore, accusato dall'attuale coordinatore regionale di Fi di «ingratitudine» dopo la scelta di dare l'addio agli azzurri. Più che uno scontro è ormai un duello. all'arma bianca dai due dopo la scelta dell'ex governatore della Campania. E attuale capo dell'opposizione a De Luca.

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Partiamo dalla durissima accusa di ingratitudine che le fa Martusciello, il suo ex compagno di schieramento.
«Cita due avvenimenti che sarebbero oggetto di una mia ingratitudine».

Dice, sostanzialmente, che la sua carriera politica la deve tutta a Fi. Dalla carica di ministro alla candidatura alla presidenza della Regione.
«È bene dire le cose come stanno: per il mio incarico da ministro, basta leggere wikipedia e notare come nella compagine del governo Berlusconi ter io siedo per nome e per conto del nuovo Psi e non di Forza Italia.

Il partito socialista raggiunse, alle europee di quegli anni un consenso elettorale di oltre 700 mila voti, cifra con la quale ha conquistato di diritto un posto in consiglio dei ministri. Quindi, sono grato alla comunità socialista. Forza Italia non c'entra nulla né il presidente Berlusconi poteva sindacare l'indicazione dei partiti della coalizione. Riguardo alla candidatura del 2010 alla presidenza della Regione fu più una casualità a seguito delle vicende giudiziarie che coinvolsero il coordinatore regionale Fi dell'epoca Nicola Cosentino. Era lui il candidato scelto, io fui chiamato dalla coalizione più come soluzione ad un problema che era nato. Quindi nessuna mia richiesta e nessun regalo».

Nessuna ingratitudine allora?
«Mi faccia fare un'eccezione al tema della personalizzazione dello scontro politico e della irriconoscenza. A proposito della gratitudine, proprio Martusciello dovrebbe essermi invece grato per averlo scelto come mio assessore contro il parere di tutta la classe dirigente di Forza Italia. E questo gli ha consentito, anche perché lavorò bene e con competenza, di essere poi eletto in Parlamento europeo. Comunque lo perdono per le giovanili intemperanze».

Il suo strappo, accusano da Fi, sarebbe dettato dal fatto di non essere stato chiamato nell'esecutivo Meloni.
«L'ho anche detto pubblicamente sul vostro giornale, che non c'è stata mai nessuna mia richiesta per un posto di governo. E non ci può essere nessuno che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro».

Conferma però il suo forte dissenso sulle scelte che hanno penalizzato i dirigenti del Mezzogiorno?
«Confermo, questo sì, il profondo dissenso politico per la scelta di Fi di indicare cinque ministri del Nord. Ho scritto a Berlusconi dicendo come questa è stata una scelta sbagliata, un errore e che ci sono esponenti politici della società civile al Sud, a partire - perché no - anche dalla mia persona, con titoli e curriculum e competenze superiori ad una parte della lista indicata».

E con Berlusconi con cui ha chiuso un rapporto nato nel 1994, dalla sua discesa in campo?
«Tutt'altra questione è il lungo rapporto di lealtà personale e politica con Berlusconi che ritengo sia stato un grande leader politico e uno straordinario capo del governo. Ma cosa diversa è confondere la lealtà con la cortigianeria o abdicare alle proprie convinzioni ed idee».

Con il suo addio e con quello di Massimo Grimaldi il gruppo Fi in Regione rimarrebbe con un solo consigliere. Sparirà, quindi. È la fine di un'era se sparisce la bandiera azzurra in Regione, probabilmente, anche a palazzo San Giacomo: non trova?
«La nostra scelta di autonomia non è e non sarà contro nessuno ma inevitabilmente avrà conseguenze nelle istituzioni. Comunque potranno cambiare le denominazioni ma la sostanza sarà sempre una forte opposizione in Consiglio regionale».

Le toccherà ricominciare con un partito più piccolo e senza il traino di Fi.
«Riprendiamo la nostra autonomia di piccola organizzazione identitaria riaffermando le origini delle nostre battaglie che partono dalle grandi riforme, al presidenzialismo, al processo verso il partito unico e il bipartitismo, dove serve la presenza liberale e riformista, e la forte e decisa difesa del Sud come grande questione nazionale».

Con il progetto di autonomia differenziata di questo governo si temono, anche nel centrodestra, contraccolpi pericolosi per il Sud.
«L'autonomia differenziata deve andare di pari passo con la riforma dello Stato di stampo presidenziale. La fretta è spesso cattiva consigliera: è necessario prima garantire uniformità di risorse tra Nord e Sud e prevedere una sussidiarietà verticale e orizzontale con la formula più stato e meno stato. Definiamo una volta per tutte i lep e il fabbisogno standard ed evitiamo infine che si parli esclusivamente di un canale unico che di fatto alimenta un neo-centralismo delle Regioni spesso causa di inefficienza». 

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