8 marzo, la storia dimenticata degli internati militari nei lager alla libreria Io Ci Sto al Vomero

8 marzo, la storia dimenticata degli internati militari nei lager alla libreria Io Ci Sto al Vomero
Martedì 3 Marzo 2020, 20:18
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Cultura, storia, musica ed emozioni. Domenica 8 marzo, alle ore 18, sarà presentato a Napoli il libro “I militari italiani nei lager nazisti. Una Resistenza senz’armi 1943-1945” (Il Mulino), scritto da Mario Avagliano e Marco Palmieri, presso la libreria “Io Ci Sto” al Vomero. Il libro, che sta riscuotendo grande successo, è giunto già alla sua terza edizione in circa due mesi dalla prima pubblicazione.

Nel corso della presentazione con gli interventi di Titti Marrone, Guido D'Agostino e dell'autore Mario Avagliano, si esibiranno Elena Luciano (voce) e Luca Racise (chitarra) del laboratorio artistico di Emozionart diretto da Nevada, con la canzone “Carlotta” scritta dal napoletano Arturo Coppola con Giovannino Guareschi, internato militare che dedicò il brano alla figlia nata da poco. 

Nel volume si racconta la vicenda di circa 650 mila militari che dopo l'armistizio dell'8 settembre si rifiutarono di continuare la guerra al fianco dei nazisti e dei fascisti. Avagliano e Palmieri hanno raccolto storie e testimonianze e anche la musica è protagonista, perché tra i militari internati c'erano i genitori di artisti italiani famosi come Vasco Rossi, Albano, Francesco Guccini.

Tanti gli internati campani citati nel saggio che, come ha scritto Luca Bottura su Repubblica, «è un libro bellissimo, necessario. Di molti saggi, per nobilitarli, si dice che sembrano romanzi. Non è quasi mai vero. Questo è uno dei rari casi». 

La scelta di non aderire alla Repubblica sociale di Mussolini costa agli internati la deportazione nei lager, la fame, il lavoro coatto, le violenze dei carcerieri. Il campano Remigio Cardone racconta che un suo commilitone, Agostino, di Benevento, per aver rubato un salamino in una fabbrica alimentare, viene ucciso dalle guardie: «Chella sera, poi, mentre uscivamo, al cancello, ci hanno perquisito e a chisto c’anne truate u salamino; i soldati l’erano fucila ma comunque, anziché fucilarlo, ci hanno dato venticinque legnate a carni nude, finché nun l’hanno ammazzato».

Giovanni Rotolo, internato militare originario di Cava de’ Tirreni, catturato in Grecia, ricorda che a Belo Polje in Serbia, «appena dopo la sveglia, venivamo riuniti a gruppi numerici di fronte all’ingresso del fabbricato», ma prima «che fossero definite le diverse dislocazioni, gli ufficiali [tedeschi] si dilettavano a tirare a segno con la pistola sulla massa inquadrata di noi prigionieri; e quando le grida, le invocazioni e i lamenti dei prigionieri colpiti riempivano l’aria di strazianti risuoni, i tiratori si gloriavano di aver fatto centro con beffarde risate. Chiunque si fosse mosso a prestare soccorso ai malcapitati, sarebbe stato ugualmente passato per le armi. Nei circa 4 mesi di permanenza sul luogo, i caduti per il quotidiano dileggio dei tedeschi raggiunsero il numero di circa 200, sepolti in un campicello poco distante, senza alcun segno distintivo».

Uno degli aspetti più interessanti del libro è la discriminazione ulteriore che subivano durante la prigionia gli internati meridionali che, poiché le loro famiglie si trovavano nell’Italia liberata, non potevano ricevere da casa pacchi alimentari e solo raramente corrispondenza. «A qualche prigioniero, per lo più settentrionale – scrive il salernitano Angelino Petraglia – arriva di tanto in tanto qualche pacco, mentre è assai difficile per noi meridionali riceverne». «Mio caro figlio – scrive la madre di Mario Amore, un marinaio napoletano, il 30 agosto 1944 – tu non puoi credere quando io sofro quando tu non ricevi mie notizie […] ti tenco sempre avanti ai miei occhi, ma la Madonna tutte le mie preghiere me le esaudirà per te che sei mio figlio, che ai fatto sempre il tuo dovere».

Appuntamento a domenica 8 marzo alla libreria Io Ci Sto, Piazza Fuga a Napoli.
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