«Vendi Napoli e poi muori», dal calcio alla napoletanità: Ascione racconta una nuova città

«Vendi Napoli e poi muori», dal calcio alla napoletanità: Ascione racconta una nuova città
di Benedetta Palmieri
Venerdì 5 Luglio 2019, 10:09 - Ultimo agg. 10:38
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Napoli, i napoletani, la napoletanità, il Napoli: temi ricorrenti – così ricorrenti, da ampliarsi e amplificarsi a dismisura, da essere privati (ove esso esista davvero in maniera univoca) di un loro riconoscibile significato. E non solo: perché questa narrazione oramai sgranata viene spregiudicatamente usata da una parte e dall’altra, dalla politica e dai giornali, in modi talvolta anche contraddittori e pretestuosi. 

Insomma, la verità è che di Napoli e di quanto le concerne bisognerebbe forse cominciare a parlare un po’ meno, o farlo muovendo da nuovi ragionamenti. 

A tentare una riflessione con un approccio differente è, ad esempio, Gennaro Ascione – scrittore e docente di sociologia, che con il suo libro “Vendi Napoli e poi muori” si pone alcune questioni inerenti appunto a quella narrazione e ai termini che la accompagnano. 

Uno su tutti, la napoletanità. 

Prima di entrare almeno un po’ nel merito, segnaliamo che il libro sarà presentato questa domenica (il giorno 7 luglio) alle 20, nel giardino romantico di palazzo reale, nell’ambito degli eventi del Dopofestival del Napoli Teatro Festival; con l’autore – in un intreccio di parole, canto e musica – ci saranno il maestro Salvatore Palomba che presenterà il romanzo, Lino Musella che ne interpreterà alcuni brani, Marco Vidino che li accompagnerà al mandolino elettrico. 

Ascione ha dunque guidato la propria scrittura tra i complessi temi in questione – che, narrativa a parte, innescano ovviamente anche considerazioni politiche, antropologiche, sociologiche; e ha articolato la propria storia muovendo appunto dalla napoletanità che, in un momento in cui la città è sconvolta da alcuni fatti di sangue, finisce con lo scomparire.

Questa scomparsa disorienta tutti, sottrae agganci per facili prese di posizione, mette in crisi sia le posizioni di coloro che la usano per censurare la città sia di coloro che la usano per giustificarsi. 
Come finirà, lo si saprà solo leggendo il libro. 

Ma, in conclusione, concediamoci anche noi di indulgere all’irresistibile richiamo calcistico: pure sul Napoli Ascione fornisce una propria lettura, che cerca di emendare il rapporto tra squadra e città dai tratti più folkloristici.
E poi, promessa non da poco da fare ai lettori tifosi, assicura di svelare le ragioni di un’annosa questione: perché, nonostante la protezione di san Gennaro, il Napoli non vince lo scudetto (e lo vince sempre, invece, qualcun altro)? 
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