Il napoletano Paduano e il suo disco «Apolide»

Il napoletano Paduano e il suo disco «Apolide»
di Alessandra Farro
Venerdì 30 Aprile 2021, 20:53
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“Apolide” è il nome del disco d’esordio di Paduano, napoletano, classe '92, che firma con l’etichetta Apogeo Records il suo debutto nel mondo della musica. Nove i brani contenuti nell’album, ognuno con la sua storia, la sua tematica e il suo percorso, in un mix tra il cantautorato, il pop-folk e l’elettronica.

Com’è nato il progetto?
“La maggior parte delle canzoni sono nate tra le quattro mura domestiche, per diletto, le ho fatte ascoltare a degli amici e, con il passaparola e la crescita dei consensi, mi è venuta voglia di dare una struttura ai brani. Da qui la collaborazione con il produttore Dario Di Pietro e la nascita dell’album”.

Le canzoni sono scritte e musicate tutte da te?
“Sì. Il disco è una raccolta di brani che ho scritto negli anni, ci sono brani più vecchi, come ‘Apolide’ che ho scritto nel 2014, e altri che ho scritto qualche mese fa e ho inserito nel disco all’ultimo minuto”.

Cosa racconti?
“Quello che cerco di fare è abbastanza irrazionale: raccontare quello che ho dentro. Mi sono reso conto che ci sono dei temi ricorrenti, come la ricerca di se stessi, di individuare il proprio carattere nel profondo, spogliandosi delle maschere di cui ci vestiamo ogni giorno.

Parlo anche della visione dell’uomo nel tempo e nel suo contesto. Ad esempio, in ‘Due secondi fa’ parlo dell’istante perduto, di quel tempo che è passato e che difficilmente si riesce a recuperare, insomma della nostalgia del passato”.

Tornando indietro aspetteresti la fine di questo periodo prima di pubblicare il disco?
“No, lo pubblicherei lo stesso, perché credo che, col passare del tempo, i lavori invecchiano. Si va avanti, si si pensa a brani nuovi e a nuove produzioni, ad altri progetti. Credo che se si abbia pronto un prodotto, vada subito pubblicato o comunque fatto circolare in qualche modo, perché altrimenti si rischia di reputare vecchi quei progetti lasciati nel cassetto. È un ragionamento che guarda a me stesso, non all’aspetto commerciale. Io sento già vecchio questo disco, uscito un paio di mesi fa, perché ho sempre voglia di fare qualcosa di nuovo”.

Studi e contaminazioni musicali?
“Ho studiato piano fin da bambino poi mi sono fermato a 16 anni e mi sono diplomato in solfeggio. Dai 18 ho ripreso la chitarra e ho iniziato a scrivere cose mie. Le influenze musicali non potrebbero non riguardare il cantautorato italiano, per quanto riguarda i testi. Penso a Dalla, De Gregori, De André. Per il suono, invece, mi ispiro all’indie-folk, quindi a quei suoni inglesi che si distaccano dal pop, ma che cercano accordi profondi. Nel disco ci sono sia canzoni più elettroniche che suonate”.

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