«Pagliacci» doc al Teatro San Carlo aspettando il divo Bocelli

«Pagliacci» doc al Teatro San Carlo aspettando il divo Bocelli
di Stefano Valanzuolo
Martedì 5 Febbraio 2019, 12:30
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Trapassato e futuro, prossimi l'uno e l'altro, si sviluppa il presente del San Carlo. Che, da un lato, annuncia ufficialmente il ritorno in teatro di Andrea Bocelli con un recital, al fianco dell'orchestra napoletana, il 20 maggio. Dall'altro ripropone, in questi giorni, una produzione d'opera tra le più fortunate degli ultimi anni: «Pagliacci», con la regia di Daniele Finzi Pasca. Ancora una ripresa, dunque, ma di uno spettacolo riuscito ed originale, che si rivede volentieri. Prendendo spunto da una storia fosca e violenta, il regista ne declina gli sviluppi in senso visionario e poetico, sfruttando la magia malinconica del mondo circense, che ben conosce e ama. Ne viene fuori un racconto che intreccia vita e teatro, finzione e realtà: drammaturgicamente non sarà un concetto nuovo, ma funziona bene nel caso specifico e, soprattutto, è reso con delicata evidenza, tanto da fare breccia sul pubblico.

La prima di «Pagliacci», domenica scorsa, riconcilia in parte la platea del San Carlo con le buone pratiche d'ascolto, dopo una «Bohème» così così. Musicalmente l'allestimento magari non è di quelli che lasciano un segno indelebile, ma Philippe Auguin, sul podio, almeno rispetta la partitura e sostiene le voci senza impaccio, mentre i cantanti, chi più chi meno, assolvono al compito affidatogli con decoro e pertinenza.
 
Ciò non toglie che il clou dello spettacolo sia da cercare nella messinscena, che ricava forza d'impatto anche dall'ottimo disegno luci (dello stesso Finzi Pasca, con Alex Bowles) e dallo sfarzo dei costumi clowneschi disegnati da Giovanna Buzzi e indossati dal coro.

Il prologo viene preceduto dalle note resuscitate di un vecchio verticale suonato da Leoncavallo, dopo di che la vicenda si sviluppa senza cali di tensione, fino al tragico ineludibile epilogo. Mentre s'annulla il divario tra pubblico e protagonisti (il faro puntato sulla platea, alla fine, sancisce lo scambio di ruoli) e Nedda da personaggio diventa simbolo di violenza subita, uno stuolo di acrobati e trapeziste riempie di movimento ogni angolo del palcoscenico, trasportando l'azione in una dimensione incantata, dalla quale, in fretta, si ripiomba poi nell'abisso: «la commedia è finita!».

Le scene di Hugo Gargiulo formano una sorta di scatola magica, le coreografie di Maria Bonzanigo hanno valenza emblematica, la scelta del regista di invadere l'acqua lo spazio scenico, nel secondo atto, allude all'impossibile bisogno di lavare l'onta ma, sul piano pratico, crea giochi di rifrazione suadenti.

La musica, in «Pagliacci», segue assiduamente la linea di canto e Auguin si dimostra narratore attento, pur non rinunciando, ove possibile, a trovare brevi lampi di lirismo sinfonico. Non si va oltre il compito diligente, osservazione questa che va estesa anche all'orchestra del San Carlo, ma si apprezza la capacità, quando occorre, di correggere le dinamiche, un po' meno i volumi che, qualche volta, risultano abbondanti rispetto alle voci. Antonello Palombi regala passione e impeto a Canio: spinge sullo squillo generosamente: in fondo, anche l'eccesso rientra tra i tratti possibili del Pagliaccio.

Maria José Siri esibisce, al solito, una gamma di colori assai interessante, per quanto siano altri i ruoli, anche al San Carlo, che le abbiano reso merito più di Nedda. Tonio ha la voce matura di Lucio Gallo, appropriata senza slanci; fresco e credibile, in assenza di guizzi degni di nota, il Silvio di Davide Luciano. Qualche affanno per Peppe-Arlecchino di Alessandro Liberatore. Per il coro sancarliano, costantemente al centro della storia, un'altra prova di livello confortante, a conferma del buon momento che attraversa e del lavoro efficace condotto da Gea Garatti Ansini. Al successo finale, netto e cordiale, contribuisce anche il coro di voci bianche diretto da Stefania Rinaldi. Si replica fino a sabato.

Non si replica, invece, il concerto di Andrea Bocelli al San Carlo, annunciato ieri per il 20 maggio. Data unica, infatti, e prima europea di una produzione che, nei prossimi giorni, debutterà al Metropolitan di New York, il recital del cantante toscano sarà dedicato alle grandi arie ed ai grandi duetti (con lui, in scena, il soprano Maria Almeida) del melodramma italiano ispirati al tema dell'amore. Vale a dire, tutti o quasi.

Per l'occasione, centocinquanta studenti dell'hinterland napoletano saranno invitati al San Carlo, in modo da assistere al concerto e vivere il backstage del tenore, che intanto stasera sarà ospite, per duettare con il figlio Matteo e con Baglioni, della prima serata del Festival di Sanremo.
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