Napoli Sex, balli hot e sexy show aspettando Malena

Napoli Sex, balli hot e sexy show aspettando Malena
di Antonio Menna
Venerdì 22 Febbraio 2019, 07:30
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Se il sesso vuole fantasia, qui a Pozzuoli, in questa prima fiera erotica napoletana chiamata come un farmaco per il raffreddore (Nasex), l'immaginazione bisogna farla esplodere come una bomba perché i sensi faticano ad accendersi, e domina un filo di malinconia tra corpi troppo scoperti e corpi troppo coperti, che si studiano estranei sperando in qualcosa che non arriverà, come Malena che forse si vedrà solo domani. I ragazzi, però, che sul tardi fanno capolino nell'ex discoteca Enneci, ora Golden Gate di via Campana, vengono già carichi. Fremono nel grosso parcheggio, non vedono l'ora di entrare, si accalcano per sbirciare, fanno la voce grossa, si danno pacche sulle spalle, aspettandosi una notte brava come solo nei film. Ma resteranno delusi. Forse.
 
Non c'è molto da vedere, oltre il corridoio a luci rosse che scodella nel grosso locale. Soprattutto non c'è molto da toccare. Parte un po' in sordina ma promette faville per il week end, la fiera del sesso made in Naples. «Stiamo rodando - dice uno degli organizzatori - ma tra vendita on line e richieste di informazioni, puntiamo al pieno. Se va bene, ripetiamo. Abbiamo grandi progetti». Ci provano da almeno otto anni, e ogni volta un rinvio. Ma stavolta la macchina è partita. Deve farsi notte per vedersi riempire gli spazi. I giovani arrivano a gruppi. Si tengono vicini, sembrano intimoriti. Entrano e non sanno dove andare. Al centro c'è un palco enorme, con casse amplificate che sparano musica dance. Sul fondo c'è un grosso bar. Poi spazi espositivi, e una balconata con scale da cui dovrebbe scendere la meraviglia. Compaiono all'improvviso due ragazze in vestiti succinti. Una è alta, bionda, e con uno spacco vistoso mostra tatuaggi arditi che si arrampicano nel vestito. L'altra è infreddolita, timida. Scollatissime che ti verrebbe voglia di prendere uno scialle, si mettono in posa sotto gli occhi già luminosi di alcuni ragazzi che gli ruotano intorno. Si lasciano abbracciare ma non troppo.

Un'altra ragazza avvolta in una pelliccia prova a scendere con disinvoltura una scala di ferro ma i tacchi la fanno barcollare e l'istinto del primo pubblico, quella ventina di clienti che a venti euro l'uno si sono già guadagnati l'ingresso, è di soccorrerla. Lei però riprende la direzione e scende da sola. Ce la fa, ce la fa. Il locale è gelido, e il riferimento non è solo alla temperatura. È un freddo del cuore, in questo capannone industriale in via Campana, nato 30 anni fa come stabilimento industriale per barche. «Lo volle mio zio, che era un progettista - dice Alberto Falco, il proprietario, seduto su un divanetto, anche lui un po' confuso da luci e musica e fondoschiena che compaiono a tradimento - poi la crisi e abbiamo fatto una discoteca, che ha avuto successo. Se la ricordano ancora. Abbiamo avuto dj bravissimi come Joseph Capriati. Ma tra venti giorni chiudo tutto. Troppe spese, debiti. E tanti abusivi qui intorno. Ho venduto tutto ai cinesi, ci fanno un grosso centro di vendita». Il locale ha una capienza certificata di 3mila persone ma alle 22 si vedono poche facce. Saranno in cento. «La prevendita ha dato buoni risultati - dice uno degli organizzatori - ci aspettiamo grossi numeri. E ci sono sorprese: arriveranno molte donne. Mogli che hanno fatto un regalo ai mariti. È una grande festa del sesso, nulla di torbido». Piuttosto molto freddo, e questa volta è anche la temperatura. Un motore giallo pompa aria calda al centro della sala, per il resto si ghiaccia. Ci penserà l'alcol a scaldare gli animi e far arrossire le guance sul far della notte. Su un lato della sala, dietro una tenda rossa, si allarga l'Harem, con tanto di alfabeto arabo. Una teoria di divanetti in verità un po' malandati e cartelloni pubblicitari. Si tratta di un club privé aperto da poco sul litorale domizio. Gli avventori siedono, prendono volantini, si guardano intorno in cerca di ragazze, qualcuna sorride, qualcuna sbadiglia distratta. Poco distante un altro stand pubblicizza viaggi erotici, e accanto c'è anche il gazebo con tanto di toys di un sexy shop. E' tutto un ammiccare. Molto fumo, poco arrosto. «Qui si fa erotismo - ammonisce uno degli organizzatori che guarda ansioso i vuoti - niente pornografia, niente sesso in sala». Per erotismo intende spogliarelli sul palco.

E poi spettacoli privé, cioè lo stesso strip fatto in uno spazio chiuso ad personam. Cosa succede in quella stanzetta? Niente, garantiscono gli organizzatori. Solo una sorta di lap dance. Su un lato della sala, accanto a un impermeabile composto da preservativi (scaduti, chiariscono) siede Margherita Errico, presidente nazionale del Network persone sieropositive. «Che ci facciamo qui? - dice sorridendo - Quando abbiamo letto di questa fiera abbiamo contattato gli organizzatori e abbiamo chiesto di allestire un angolo informativo. Ci hanno detto di s». L'angolo è un divano laterale, di fronte al palco centrale, accanto alla scalinata in ferro che sale ai piani superiori dove volteggiano le ragazze seminude, strizzate dal freddo. Nel frastuono, i ragazzi provano a spiegare. Si parla di Nacho Vidal, il porno attore risultato sieropositivo. «Le produzioni - dice Margherita - hanno una grossa responsabilità. Dobbiamo promuovere modelli informativi completi. Non tutti sanno, per esempio, che i preservativi scadono. Per farlo sapere ci siamo inventati questo finto impermeabile». Alle spalle dell'harem, su una pedana circolare, un bar con un solo frigo e pochi sgabelli. Lì intorno si scorgono due aree massaggi. In una c'è un lettino rosso, nell'altra due lettini bianchi. Non fosse per le luci basse, la musica ad alto volume e un'aria un po' porno, potrebbero essere i box di un ambulatorio medico. La linea di confine è sottile: si guarda ma si tocca poco. Il massaggio si paga a parte, ma a separare il tutto dalla vista c'è solo una tendina bianca. Si resta quasi del tutto vestiti. Si sfiora, si ammicca ma non si affonda. Si circumnaviga, avrebbe detto Totò. «Vale la pena?», chiede un ragazzo. La smorfia non dice né sì né no. Chissà.

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