Nella sua lunga e avventurosa vita Franca Faldini è stata giornalista, scrittrice, saggista. Anche attrice, anche miss di bellezza, Miss Cheesecake nell’America degli ingenui anni Cinquanta, e per gioco era arrivata a Hollywood, lei figlia della buona borghesia romana in fuga dalle leggi razziali. Una ragazza affascinante, colta, appassionata d’arte, modella di Ben Stahl su «Esquire», finita a baciare Jerry Lewis in una scena del film «Attente ai marinai». Totò la vide in tutto il suo splendore di ventenne sulla copertina di «Oggi», se ne invaghì immediatamente e le inviò un fascio di rose accompagnato da un biglietto assai romantico. «Guardandola mi sono sentito sbottare in cuore la primavera...». Al biglietto era unito un galante invito a cena, lei accettò a patto che fossero in compagnia di amici comuni. Li seperavano trentatrè anni, non si lasciarono più.
Franca Faldini, l’ultima compagna del grande attore, è morta ieri a Roma a 85 anni. Accanto ad Antonio de Curtis aveva imparato a vivere sotto la luce dei riflettori, che pure odiava; alla sua scomparsa, ancora giovane, ancora bella e talentuosa, seppe scivolare con intelligenza in un discreto cono d’ombra. Per quindici anni aveva condiviso i giorni del Principe della risata che volle farsi erede degli imperatori di Bisanzio, nella maturità sposò Niccolò Borghese, discendente di un’antica famiglia aristocratica italiana. Non rinnegava nulla della prima parte della sua vita, Franca, anzi aveva deciso di raccontarla - tra il pubblico e il privato - in una serie di libri molto godibili, la maggior parte scritti con Goffedo Fofi. Insieme, avevano firmato L’avventurosa storia del cinema italiano, e poi Totò, quindi L’uomo e la maschera e Storia di un buffone serissimo. In Roma Hollywood Roma la scrittrice aveva saputo miscelare con mano sapiente i ricordi del viaggio nella Mecca del cinema, quando i boss della Paramount, colpiti dal suo fascino esotico, provarono a fare di lei una diva, con i momenti salienti della sua storia d’amore con Totò, anzi con Antonio, come le piaceva più correttamente chiamarlo.
«Voglio bene a Franca prima di tutto perché è bella, e poi perché è fedele» spiegò ruvido lui, tagliando corto davanti alle insistenze di un intervistatore. «Era un uomo molto schivo dei suoi sentimenti, avrà voluto cavarsela con una battuta. Ma il nostro rapporto era molto meno superficiale di quanto quella risposta lascerebbe supporre. Era fatto di comprensione e di complicità, eravamo a un tempo amici, amanti, fratelli, genitori, figli l’uno dell’altra, con tutte le sfaccettature che una storia importante, lunga e salda, porta con sé», commentò lei a distanza di anni, mai stanca della curiosità che ancora accompagnava la loro eccentrica storia d’amore.
Totò riservato e introverso, Faldini disinvolta e solare, li univa proprio il fatto di sentirsi l’uno l’opposto dell’altra. Aspiravano ad essere una coppia borghese, una coppia qualsiasi, e per diventarlo agli occhi moralisti del mondo di quei tempi s’inventarono perfino un matrimonio in Svizzera. Franca ne rideva, Antonio ci teneva moltissimo, anche per quel sospirato figlio maschio, Massenzio, destinato a vivere solo qualche ora. Il dolore per una perdita così atroce può dividere, la loro unione uscì da quella prova più salda di prima. Le malinconie di Antonio de Curtis, solo Franca le conosceva; il carattere ribelle della giovane donna, solo Totò riusciva ad addolcirlo. Certo, all’antico sciupafemmine del teatro di rivista non piaceva l’idea che la sua compagna potesse lavorare con altri uomini: e allora la controllava a modo suo, la faceva seguire e conservava nel fondo dei cassetti dei delicati «rapportini»: «Credo proprio di essermi guadagnata la fiducia di Antonio dicendogli sempre la verità», sintetizzò lei, come sempre tollerante, anche divertita.
Quando Totò morì, tradito da un cuore ballerino, tuttò cambiò, per Franca. Raccontava che non le era stato permesso nemmeno di partecipare al funerale, che la loro casa le era diventata di colpo estranea. Interdetta. Non era stato facile, diceva, reinserirsi nella vita, trovare un lavoro: «La gente tentennava, pensava volessi chissà quali privilegi. Ma io non chiedevo altro che di percorrere la mia strada, con modestia. Cominciai a fare traduzioni dall’inglese grazie a Vittorio Caprioli che mi presentò al direttore della Mondadori con un biglietto: “Ecco Franca Faldini”, vorrebbe tradurre”».
Della memoria di Totò è sempre stata una custode elegante e raffinata. Non le piaceva lo sfruttamento del suo lavoro in tv: un film del grande comico e via, il successo di audience era assicurato. Le pareva che i programmisti gli mancassero di rispetto, proprio come quei vecchi produttori che in vita non ne avevano apprezzato a sufficienza il talento. Al cinema, l’antico amore, era tornata per una volta al fianco di Sordi e della Marini alla Mostra di Venezia: per divertimento, per curiosità o forse solo per una sottile nostalgia.
Addio Franca Faldini, l’altra metà di Totò

di Titta Fiore
sabato 23 luglio 2016, 01:12
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