La domenica di Insigne è stata anche la domenica del Napoli. Giustamente. Gli applausi per il capitano che ha deciso di andare via come per i suoi compagni e il loro allenatore. Tutti insieme hanno centrato l’obiettivo Champions, arrivando al terzo posto e staccando la Juve. Questa giornata, vissuta con emozione dai cinquantamila presenti allo stadio Maradona, deve essere uno spunto per il futuro: Napoli e il Napoli devono procedere nella stessa direzione perché è questo l’unico modo per affrontare con le medesime ambizioni la prossima stagione.
Dopo la sconfitta ad Empoli, maturata in assurde circostanze, vi è stata delusione forte e comprensibile. Meno la reazione all’esclusione dalla lotta scudetto che si è vista in occasione della partita col Sassuolo, con la parziale contestazione a Fuorigrotta che ha indispettito l’allenatore. Si sono accesi qui e là fuochi in città, con l’esposizione di striscioni offensivi. Per il terzo posto, per il ritorno del Napoli in Champions League? Ci sembra una forzatura. C’è da tempo un fronte ostile nei confronti di De Laurentiis, che da tempo ha messo da parte slogan e promesse di scudetto. Ieri ne è uscito uno che lo invitava al silenzio. Ma questa è stata la stagione in cui ha parlato meno: lo ha fatto dopo Empoli, quando è sceso letteralmente in campo a Castel Volturno affiancando Spalletti e i giocatori per compattare l’ambiente, sopperendo alla carenza di alcune figure all’interno del club.
Le fortune di una squadra sono fatte dalla bravura del suo allenatore e dei suoi giocatori e dalla forza della sua società ma anche dal pubblico e dalla sua capacità di schierarsi sempre dalla parte di chi indossa quella maglia. I pregiudizi e le offese non portano lontano. Si è visto a Roma, dove la città giallorossa si è stretta intorno a Mourinho e ha accompagnato alla finale di Conference League la squadra. Quella che, a 90 minuti dalla fine del campionato, ha per inciso 16 punti in meno del Napoli.