Atenei, il numero chiuso si supera on line

di Mauro Calise
Domenica 3 Settembre 2017, 23:55
4 Minuti di Lettura
Le parole della Ministra Fedeli a Cernobbio potrebbero essere il segnale di una svolta per i nostri atenei. Erano anni che non si sentiva, esplicita e circostanziata, la determinazione ad affrontare i nodi principali che relegano il sistema universitario italiano a fanalino di coda in Europa. Non per la sua qualità, come ha ricordato recentemente Sebastiano Maffettone sul Messaggero. Che anzi, se rapportate alle risorse impiegate, le prestazioni risulterebbero tra le più efficienti nel raffronto internazionale. Ma per la esiguità degli investimenti, ridottisi ulteriormente negli ultimi anni.


Ed ancora: per l’assenza di una visione strategica, capace di sintonizzare le lauree col mondo del lavoro. Il risultato è che stiamo regredendo, drammaticamente, proprio sul fronte decisivo per dare continuità e solidità allo sviluppo economico che si è timidamente riaffacciato all’orizzonte. Perché è inutile farsi illusioni. Come ha ricordato ieri Lucrezia Reichlin sul Corriere, «per essere in grado di formare una forza lavoro capace di operare in un’economia dinamica centrata sull’innovazione, abbiamo bisogno di un programma di qualificazione del nostro sistema educativo che vada dalle scuole primarie fino all’università». Se è questa la portata della sfida, i passi annunciati dal Ministro possono essere un buon punto di partenza. Rimettere in moto il turnover dei docenti, con l’ingresso di una leva giovanile più motivata, cominciare a rivedere i profili retributivi, che ci penalizzano aspramente nel contesto internazionale alimentando la piaga della fuga dei cervelli migliori. E acquisire la consapevolezza che non si possono chiudere le porte agli studenti proprio quando deteniamo il record negativo – penultimi in tutta Europa – dei laureati nella fascia cruciale tra 25 e 34 anni.


Certo, anche solo iniziare a rispondere a queste esigenze, richiede finanziamenti consistenti ed una volontà politica che chiama in causa l’intero esecutivo. E che non può certo esaurirsi nel mandato dei prossimi sei mesi. Ci sono tuttavia cambiamenti dall’impatto potenzialmente rivoluzionario e che si potrebbero fare in tempi brevi e con pochi quattrini. Se solo si puntasse con decisione sulla strada dell’innovazione, culturale e tecnologica. È il caso del mutamento in atto nella didattica multimediale grazie all’esplosione dei Mooc, i Massive Open Online Courses che, nel volgere di cinque anni, hanno messo a soqquadro il panorama accademico globale. Con la cifra iperbolica di oltre sessanta milioni di studenti, iscritti gratuitamente a corsi universitari offerti dai più prestigiosi atenei. È presto per valutare i pro e i contro. Ma sono già chiare alcune chiavi di un successo così travolgente. Innanzitutto, l’autorevolezza dei docenti, che ha trasformato l’elearning, da scorciatoia formativa di serie B, nel canale user-friendly per poter seguire le lezioni dei professori più prestigiosi. A ciò si unisce la flessibilità del formato, che consente di accedere anche da mobile e di mixare video e testi secondo le abitudini acquisite da tutti i nativi digitali. Ma non meno importante è il fatto che i Mooc non sono sostitutivi dell’insegnamento in aula. Fungono da moltiplicatore e integratore. Ampliando enormemente la platea ma senza perdere nella qualità didattica, e anzi potenziandola con i link selezionati alle migliori fonti in rete.


E, al tempo stesso, liberando energie preziose che possono essere impiegate in quelle attività di ricerca che restano un presupposto indispensabile per ogni comunità scientifica.
Si aggiunga che, per una volta, in Italia non partiamo da zero. Grazie al cofinanziamento dei fondi strutturali europei, il portale federica.eu, dell’Università di Napoli Federico II, è oggi la principale piattaforma Mooc single-university in Europa. E Pok, il Provider Open Knowledge del Politecnico di Milano, offre un preziosissimo strumento di orientamento per scegliere il corso di laurea. Si tratta di esperienze pilota che potrebbero fare da volano per l’intero sistema paese, puntando in tempi brevi all’obiettivo di una formazione digitale di alta qualità aperta a tutti. Con un unico requisito, irrinunciabile. Una regia pubblica lungimirante. Che capisca che, per invertire i nostri ritardi storici, la tecnologia – quella intelligente e già ampiamente sperimentata – offre prospettive straordinarie. A patto, ovviamente, di volerci e di saperci puntare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA