Senza cura abbattere non basta

di Bruno Discepolo
Martedì 22 Agosto 2017, 23:55
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Neanche ci si apprestava a tracciare un bilancio critico, ad un anno di distanza dal terremoto dell’Italia centrale, che una nuova tragedia si è abbattuta sul Paese, con il sisma di Ischia. Davvero una condizione drammatica, quella che vive da tempo l’Italia, e di cui, a suo modo, ne è testimonianza la giornata vissuta dal premier Gentiloni, lunedì scorso.

Il presidente del Consiglio, infatti, è passato dalla riunione con l’ormai ex commissario Errani e i quattro presidenti di Regione, per fare il punto sulla ricostruzione post-sisma del 24 agosto scorso, alla sala operativa della Protezione civile per coordinare i primi interventi nell’isola flegrea. La frequenza degli eventi calamitosi – sia di natura tellurica che idrogeologica – e la riduzione di intervallo con cui ormai si manifestano, ci ricordano, se mai ve ne fosse ancora bisogno, quanto fragile sia la natura del territorio dove viviamo. E di conseguenza di quante cure occorrerebbe riservare alla sua prevenzione, messa in sicurezza, manutenzione. Si sa come poi vanno le cose, di quante lacrime siamo disposti a versare, dopo che ogni evento ha dispiegato i suoi devastanti effetti, con scie di morti e danni miliardari, salvo ricominciare, ciascuno nel proprio ruolo e responsabilità, come se nulla fosse accaduto, ovvero che il problema riguardi sempre qualcun altro e non noi.


Eppure, proprio a partire dai fatti di Amatrice, una presa di coscienza, dell’opinione pubblica e dei media, ma soprattutto del governo, aveva fatto sperare che, almeno in quest’occasione, vittime e devastazioni avessero prodotto quel salto di qualità, quell’inversione di paradigma in grado di spostare l’accento dalla semplice riparazione dei danni alla messa in cantiere di un grande progetto di prevenzione con interventi di consolidamento e riqualificazione del patrimonio edilizio italiano. Così ha visto la luce Casa Italia, un programma ambizioso e pluriennale, i cui effetti si spera si possano concretizzare a partire dai prossimi mesi. Nel frattempo, nemmeno il tempo di tirare un sospiro, ecco arrivare il terremoto di Casamicciola. Sul quale, prima ancora di avere un quadro conoscitivo sufficiente per formulare minime valutazioni suffragate da dati tecnici e scientifici, si scatena una surreale polemica: perdita di vite umane e sconvolgimenti al tessuto edilizio, sarebbero da ascrivere, in primo luogo all’abusivismo edilizio. Ora, a nessuno sfugge la particolarità dell’isola di Ischia, uno dei luoghi più manomessi, nei decenni scorsi, da una crescita abnorme e spesso incontrollata, frutto al tempo stesso di mancata o cattiva pianificazione urbanistica ma, soprattutto, di fenomeni diffusissimi di abusivismo. Con il risultato di aver deturpato paesaggi una volta di struggente bellezza, congestionato molte delle località sulla costa, di aver edificato, senza controlli e regole, spesso in aree a forte rischio frana o inondazioni. Ed è inutile aggiungere, che tutto ciò è avvenuto nella complicità generale, oltre che nella miopia degli stessi ischitani, visti anche i forti interessi economici in gioco. Premesso, dunque, che a nessuno sfugge il particolare contesto in cui ci troviamo, occorrerà mettere in campo uno sforzo di comprensione ulteriore, oltre quello di affermare quasi meccanicisticamente che i maggiori danni provocati nell’isola dal terremoto sono tutti da attribuire alla diffusione del fenomeno dell’abusivismo edilizio.


Qualcuno pensa così di risolvere i problemi che attanagliano la gran parte del patrimonio edilizio del nostro Paese, vetusto ed eretto prima che fossero introdotte le normative antisismiche? Per essere ancora più chiari, si proceda senza indugi ad effettuare pure le circa 600 demolizioni di cui si parla, effetto delle sentenze passate in giudicato, che riguardano l’intera isola. Ma dopo, abbiamo risolto il problema di questo e di ogni altro sisma che potremmo attenderci? Forse a qualcuno sfugge che il vero problema che oggi abbiamo di fronte non è come buttare a terra gli edifici abusivi ma come fare in modo che stiano in piedi tutti gli altri. Questione, evidentemente, molto più difficile da risolvere, oltre l’enunciazione di scontate parole d’ordine, se è vero, come sembrerebbe a prima vista, dalle immagini che scorrevano senza soluzione di continuità dalla notte di lunedì, che la stragrande maggioranza degli immobili interessati dai crolli sono tutti edifici in muratura, di antica epoca di costruzione, con esclusione della casa dove sono rimasti intrappolati i tre bambini. In attesa di riscontri più oggettivi, si può azzardare un parallelo che lega il sisma del 22 agosto al ben più grave e drammatico evento del 1883, per la coincidenza delle aree coinvolte, nel comune di Casamicciola ed in alcune sue parti in special modo. In questa visuale, allora, valgono più che l’insofferenza per gli ultimi trent’anni passati da un condono all’altro, i 134 trascorsi da allora, senza che niente sia stato messo in campo per limitare lutti e sofferenze. Poi, forse, nei prossimi giorni, qualcuno potrà anche scoprire che a Casamicciola, come a Messina, vi erano ancora persone che vivevano in abitazioni provvisorie costruite dopo quei drammatici eventi, in attesa di una abitazione!


Se allarghiamo lo sguardo dalla sfortunata Isola verde alla nostra gracile Penisola, comprendiamo come l’unica vera risposta che è possibile dare, in questi casi, è l’avvio di un esteso programma di messa in sicurezza del patrimonio edilizio. Oggi vi sono le condizioni, normative e finanziarie, per farlo ed ogni ulteriore indugio suonerebbe come una precisa assunzione di responsabilità. Se da un lato si sta operando con la predisposizione di progetti sperimentali da attuare in 10 cantieri-modello, con il coordinamento di Renzo Piano e dell’ex rettore del Politecnico di Milano Giovanni Azzone, è soprattutto l’introduzione del sisma-bonus, affiancato al preesistente eco-bonus e ad altre provvidenze per la ristrutturazione degli immobili, che potrà dare vita a diffuse pratiche di recupero e rigenerazione urbana.


Un piano che dovrà necessariamente riguardare, in una innovativa formula di partenariato pubblico-privato, la gran parte di quei 10 milioni di case a rischio, di cui pure parlava solo due giorni fa il ministro Delrio.
Ci sono molti modi per onorare la memoria di vittime innocenti, come le due donne di Ischia, ma anche di prendere impegni con le popolazioni colpite, più in generale con una comunità nazionale scossa, è il caso di dire, nei suoi sentimenti e certezze per il futuro. Il migliore è quello di abbandonare retoriche e luoghi comuni e mettere in atto politiche, e azioni coerenti, per la cura e la salvaguardia dei luoghi in cui abbiamo scelto di vivere.
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