De Lorenzo jr: chiedo scusa io se la mia famiglia non lo fa

De Lorenzo jr: chiedo scusa io se la mia famiglia non lo fa
di Maria Chiara Aulisio
Domenica 4 Giugno 2017, 00:27
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Due post su Facebook, il primo porta la data del 23 maggio, ore 9.31. Il secondo quella dell’1 giugno, ore 18.04. Medesima la provenienza: Londra, England, United Kingdom. È qui che da molti anni vive Ferruccio De Lorenzo, 52 anni, chirurgo cardiovascolare presso l’Hammersmith Hospital, figlio dell’ex ministro della Sanità Franco De Lorenzo, e cugino di quel Francesco Izzo, primario al Pascale, ai domiciliari dallo scorso marzo per corruzione e turbativa d’asta con la moglie Giulia Di Capua: secondo gli inquirenti la coppia avrebbe lucrato sulle forniture di prodotti per malati terminali all’Istituto tumori partenopeo. Accuse gravissime, un pugno nello stomaco di una famiglia più volte travolta da scandali e inchieste giudiziarie, che rimbalzano da Napoli a Londra e convincono Ferruccio De Lorenzo a dire la sua. Un “post” severo, anzi due, una lunga riflessione condivisa con gli amici di Fb su vicende familiari dalle quali intende prendere le distanze, e che rapidamente fa il giro del web raccogliendo per lo più plauso e consensi. Chiede scusa, Ferruccio - che porta il nome del nonno, storico presidente dell’Enpam, l’ente previdenziale dei medici - e si rivolge a quanti, offesi e indignati dagli ultimi fatti di cronaca che riguardano la famiglia De Lorenzo, non devono smettere di continuare a credere nella giustizia: «Nel 1994 pubblicamente chiedevo scusa agli italiani a nome di mio padre allora in carcere, - scrive Ferruccio sulla sua bacheca - e lo facevo per gli errori commessi, non solo di natura politica ma anche di valutazione di persone e circostanze. Oggi vorrei chiedere scusa di nuovo per quel che ho letto nelle cronache e in particolare in un articolo intitolato “Buon sangue, non mente”, come a legare il destino di mio padre a quello di mio cugino medico recentemente coinvolto in vicende giudiziarie». 

Ma c’è dell’altro. Il figlio dell’ex ministro va giù duro, si dichiara «felice» di essere andato via da qui 25 anni fa e allega al suo scritto un servizio a firma di Simone Di Meo pubblicato su Panorama in cui il giornalista fa una radiografia del sistema di collusione e malaffare, «da assalto alla diligenza» che affligge la sanità campana: «Nulla è cambiato. - aggiunge Ferruccio De Lorenzo - Indro Montanelli sosteneva che la corruzione in Italia è inestirpabile e sembra proprio che sia così, perché, come spiegava il grande giornalista, non è solo la politica ma la società a essere infetta. Che tristezza... ma la maggiore tristezza è che anche un mio cugino, dopo mio padre, non ha dato proprio il buon esempio: ripetere gli stessi errori è da fessi moltiplicato per 2». 

Da qui l’esigenza di chiedere scusa a tutti in un secondo post, quello scritto nel pomeriggio del primo giugno. Un’occasione per fare chiarezza anche su una serie di «giudizi e polemiche» suscitate dai suoi ragionamenti on line e - aggiunge - «spiegarmi meglio». «Nel 1994 quando chiedevo scusa agli italiani, ospite da Michele Santoro su Rai3, non sapevo se mio padre fosse penalmente colpevole, così come oggi non so se mio cugino lo sarà o meno. Ma quel che sapevo, e so, attraverso la lettura degli atti processuali di allora, e il contenuto delle intercettazioni telefoniche di mio cugino di oggi, che erano, e sono stati compiuti degli errori seri di valutazione che minano la credibilità di chi aveva e ha ruoli di responsabilità».

Ed ecco l’appello che il figlio dell’ex ministro lancia ai suoi familiari: «Sono convinto che il primo atto da compiere, nel rispetto del principio di innocenza fino a quando non si viene giudicati colpevoli secondo le leggi dello Stato italiano, sia quello di avere il coraggio di chiedere scusa se comunque le circostanze sono tali da indicare un comportamento etico/morale contrario al ruolo e alle responsabilità che si ricoprivano». 
Non sarà forse un caso se Ferruccio De Lorenzo decide di scrivere proprio in questi giorni in concomitanza con la serie tv «1992», un affresco dell’epoca tra storia e personaggi reali e di pura fantasia, per ricostruire la fine della prima Repubblica. Tangentopoli in tv, dunque, e nelle ultime puntate sotto i riflettori proprio il «caso Napoli», lo scandalo nello scandalo di Tangentopoli. Mazzette miliardarie pagate dalle case farmaceutiche per far entrare i loro prodotti nel prontuario del Servizio sanitario nazionale. Quadri d’autore, gioielli, monete rare e addirittura lingotti d’oro nascosti nella casa di Duilio Poggiolini, ex direttore generale del ministero della Sanità, e di sua moglie Pierr Di Maria. Sontuose vacanze a Cortina o in yacht a spese delle multinazionali del medicinale, e quindi dei malati. Una tragica storia di ordinaria corruzione che coinvolse decine di alti dirigenti della Sanità, imprenditori nonché il ministro liberale Francesco De Lorenzo. 

«La lotta alla corruzione - scrive ancora suo figlio - non si vince con le condanne che in Italia si accumulano e vanno in prescrizione, ma con un processo educativo che permetta ai giovani di valutare i propri errori, e rivedere le proprie posizioni chiedendo scusa. Forse questo è il primo passo per una crescita morale ed etica a livello familiare che potrebbe avere ripercussioni significative sulla prevenzione della corruzione». E aggiunge: «Fino a quando tutto ciò non accadrà si continuerà a pensare che “tutti facevano così” ma solo il più fesso è caduto nella rete. No, la mia non è una lezione di principi e di valori, ma una valutazione appresa in seguito a dolorose esperienze di vita, e che deriva anche da quello che ho potuto capire vivendo da venticinque anni in realtà europee meno corrotte dell’Italia». Per concludere: «Anche se conta poco chiedere scusa a livello legale e processuale, ne vale ugualmente la pena per compiere un primo passo di cosciente acquisizione della realtà e dei propri errori. La giustizia fa il suo corso, ma nella vita la giustizia non è solo quella penale, ce n’è anche una sociale che richiede la capacità di scusarsi: un aiuto per cercare di essere compresi, non certo giustificati.Perseverare nella convinzione che chiedere scusa rappresenti invece una debolezza, sarà solo un ulteriore segnale per le nuove generazioni che cresceranno pensando “così fan tutti, e se non sono fesso non mi beccano”».
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