Diamo un futuro a Port’Alba (salvando le librerie)

di Antonio Pascale
Giovedì 23 Novembre 2023, 23:34 - Ultimo agg. 24 Novembre, 06:00
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Per molti di noi la zona di Piazza Bellini e Port’Alba era un luogo cosmopolita, soprattutto nel periodo post-terremoto, tra il decennio 1980/1990. Lo era un po’ per ragioni simboliche.

Attraversavi l’arco e ti trovavi in mezzo ai librai e dunque ai libri (vecchi e nuovi, alcuni introvabili) e i libri raccontavano un mondo più vasto e variopinto e complesso di quello che frequentavi di solito (almeno è l’effetto che facevano in quegli anni di gioventù). Ma c’erano anche delle ragioni pratiche, tra piazza Bellini, Port’Alba e piazza Dante incontravi persone interessanti, quasi come quel luogo fosse una vallata naturale che univa i quartieri spagnoli con la zona universitaria e la Napoli alta. Naturalmente la città era diversa, il turismo in quel decennio non così diffuso e l’immaginario sempre lì stava, tra camorra, scugnizzi e mandolini vari, nonostante i successi calcistici, quel genio di Troisi e la Smorfia, la musica bellissima e contaminata di Pino Daniele, le posse che cominciavano a occupare spazi, film originali, improntati sul blues metropolitano (per citare un bel film di Salvatore Piscicelli) e un invidiabile teatro d’avanguardia.

Insomma, era un pezzo di Napoli che raccontava un’altra Napoli e che ritrovavi proprio in quella zona, attraversando la soglia di Port’Alba. Tuttavia, quel ben di Dio artistico sembrava non smuovere l’immaginario, che virava sempre su camorra e mandolini e furbizia napoletana raccontata in tutte le salse. Ora, l’immaginario su Napoli sta cambiando. In tanti dicono (con molte ragioni dalla loro parte) per merito del turismo. Un turismo più esteso, variopinto, che si spinge in molte zone della città una volta proibite, più caotico certo, differente da quello del decennio 80/90. Il turismo porta soldi, ma spesso l’effetto è sopravvalutato, o comunque, non si può sperare di risolvere problemi di produttività solo col turismo. Anche perché il turismo è un settore trainato, non trainante: se funziona l’economia viaggi, se non funziona te ne stai a casa tua. Poi è un settore che sì, porta molta gente diversa in città e alimenta gli scambi e la curiosità, ma non sviluppa molta innovazione, se non qualche restauro in stile international. E spesso esclude le cose diverse. Guardiamo il caso Port’Alba: sappiamo che l’arco versa in cattive condizioni, e al netto delle forse irrisolvibili questioni condominiali (a quale civico appartiene la proprietà), sappiamo che la Soprintendenza per i Beni Culturali ha negato il vincolo commerciale sulle librerie di Port’Alba.

Uno si chiede perché San Gregorio Armeno sì, con tutti i maestri del presepe e le librerie no (vista anche l’importanza che hanno avuto negli scorsi anni)? Perché sono rimaste poche librerie.

Come mai? Anche perché il turismo spinge in altre direzione, per realizzare locali di ristorazione e bar e tanti B&b: quindi più locali di food e beverage, meno librerie. Non che il Comune non sia sostenendo le tradizioni in generale, ma appunto si sta occupando di salvaguardare più quelle tradizioni che fanno costume, riconoscibili all’estero, oggetto di riprese televisive, che vanno pure recintate in alcuni giorni per sostenere la calca turistica, come le botteghe di San Gregorio Armeno e meno (o comunque trova difficoltà a farlo) delle librerie di Port’Alba. Meno librerie, più la zona si degrada, meno ci si occupa dell’arco: sembra un effetto domino. Ora, il libro è un oggetto semplice, e anche le librerie in fondo sono luoghi semplici, ma il contenuto del libro è spesso cangiante, non così tradizionale, i buoni libri alimentano la discussione, insegnano un metodo per ragionare, mostrano le contraddizioni tra l’individuo e la comunità, tra tradizione e modernità, ecc...

Per questo motivo le librerie e i banchi che rendevano l’isola di Port’Alba un luogo cosmopolita non sono difendibili con gli strumenti tradizionalmente usati, è una contraddizione, sì.

Il rischio è che questo patrimonio venga piano piano smantellato e non possa invece fungere da testimone da raccogliere dal passato prossimo e portarlo nel futuro. Vero, la demografia è contro di noi, la popolazione invecchia, più invecchia più cercherà le radici, e meno ci distaccheremo dalle abitudini, ma è pur vero che le radici sono alimentate costantemente e i libri, il pensiero e le passeggiate tra gli scaffali sono l’alimento perfetto per accrescere l’immaginazione e nella sostanza per invecchiare meglio. Quindi, per osservare come eravamo ma anche per capire su cosa oggi poggiare saldamente i piedi per alzare gli occhi al cielo. A proposito di sguardo, se ci riflettiamo tutti noi in alcuni momenti della vita abbiamo tratto ispirazione da Port’Alba: teniamocelo caro, è un luogo simbolico ma funzionante, pratico, se non ci sarà più saremo più soli e più confusi nella corrente turistica.

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