La lunga transizione del gigante indiano

di Mauro Calise
Domenica 21 Aprile 2024, 23:30 - Ultimo agg. 22 Aprile, 06:00
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Cominciate l’altroieri, le elezioni indiane si svolgeranno in varie tappe, fino all’annuncio dei risultati a inizio giugno. Lo scaglionamento è indispensabile per garantire sicurezza e rispetto delle festività religiose a quasi un miliardo di votanti, per i quali è stata organizzata una rete di seggi elettorali che raggiunge ogni angolo di questo immenso Paese. Con macchinari elettronici a prova di brogli, e 15 milioni di scrutatori impegnati nella raccolta.

Il governo ci tiene a dimostrare che l’India è una democrazia in buona salute. E che la probabilissima riconferma di Modi è il risultato di un’ampia e solida maggioranza nella popolazione.

A favore del Premier in carica, alla ricerca del terzo mandato, giocano i notevoli progressi sul fronte chiave delle infrastrutture. Nel volgere degli ultimi anni, la costruzione di strade, ponti, ferrovie, centrali elettriche, aeroporti ha radicalmente trasformato il sistema delle comunicazioni. Il fiore all’occhiello sono gli oltre sessantamila chilometri di collegamenti autostradali realizzati da quando Modi è andato al potere, nel 2014. Non meno eclatanti sono i risultati nella diffusione di Internet, con 20 milioni di utenti nel 2000 diventati oggi più di novecento. Se l’auto era stata il motore della modernizzazione americana, lo smartphone lo è diventato per l’India.

Non è un caso che la rete sia stata il principale canale delle campagne elettorali di Modi, che ha fatto un uso innovativo e spregiudicato dei social media, anche con tecniche di intelligenza artificiale che hanno sollevato molte critiche. Di qui le frequenti analogie, in molti commenti, con personaggi come Trump e Bolsonaro, con i quali certo il Premier indiano condivide una concezione molto personalistica del proprio ruolo istituzionale. Le analogie, però, si fermano qui. Modi deve buona parte del proprio successo alla capacità di innestare il suo messaggio sulla secolare tradizione nazionalista del proprio partito, il Bharatiya Janata Party, che ha trasformato facendone la bandiera identitaria di una fetta preponderante delle nuove generazioni. La forza propulsiva di Modi sta proprio nel legame instaurato con i giovani, diventati il perno di un processo di costruzione della nazione equiparabile a quello di Europa e America nell’Ottocento.

Il problema principale però – almeno agli occhi dell’Occidente – è la forte componente religiosa che connota l’ideologia modiana.

Con casi sempre più diffusi e violenti di intolleranza che mettono a repentaglio i complessi e delicatissimi equilibri etnici e confessionali che sono stati il miracolo e la principale eredità del Mahatma Gandhi. Non sorprende il giudizio severissimo dei principali organismi internazionali di controllo degli indicatori democratici. Nella classifica per la libertà di stampa, l’India è precipitata in vent’anni dall’ottantesimo al centosessantunesimo posto. In quella sul divario di genere, è fra gli ultimi venti su centocinquanta paesi. Va molto male anche quanto a stato di diritto, dove ha perso negli ultimi dieci anni molte posizioni. Il verdetto più duro è quello della Freedom House, che, nell’ultimo report, ha classificato – bollato – l’India come «parzialmente libera».

La salute della democrazia indiana non è, ovviamente, una questione interna. Per l’impetuoso sviluppo economico, molti vedono nell’India una replica del successo della Cina e, al tempo stesso, un suo agguerrito concorrente. Capace di insidiare il predominio cinese in Asia, e contribuire alla ridefinizione dei rapporti di forza est-ovest. Nella scomposizione multipolare degli equilibri geopolitici mondiali, l’India appare sempre più come un ago della bilancia. Come si è visto nella scelta filo-russa in occasione delle sanzioni, quando non ha esitato ad approfittare del vantaggio del gas di Putin acquistato copiosamente e a buon mercato.

E – forse ancora più importante – per la capacità di fare emergere nuovi orizzonti valoriali che potrebbero aspirare a rimpiazzare quelli occidentali in declino. Il mix di internet e induismo dei giovani – che in India rappresentano metà della popolazione – è uno squarcio inquietante su come il futuro possa rivelarsi anche una riedizione del passato.

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