Il “Patto per Napoli” tradito dal Governo? La legge auspicata e richiesta da Pd, M5S e Articolo 1 per sanare i deficit finanziari del Comune - l’arma segreta che convinse 5 mesi fa Gaetano Manfredi a candidarsi a sindaco - resterà un documento tra alleati politici e nulla più? Pensieri e preoccupazioni che aleggiano nella testa di Manfredi a 5 mesi di distanza dalle firme sul Patto - firme pesanti quali sono quelle di Enrico Letta, Giuseppe Conte e Roberto Speranza - dopo il vertice di martedì con il premier Mario Draghi. Con la differenza che oggi indossa la fascia tricolore e ha molte più responsabilità di quante ne avesse da aspirante primo cittadino. I napoletani bussano alla sua porta e chiedono una qualità della vita migliore, dei servizi minimi garantiti e il sindaco è chiamato a dare risposte.
Letta e gli alleati stanno allora davvero pressando e lavorando con il Governo per avere una norma per Napoli? Una legge ad hoc? A oggi le cose stanno così: nella Legge di Bilancio non c’è traccia di una norma ad hoc per Napoli e il suo debito che ammonta a circa 3 miliardi.
«Stiamo lavorando - dice - per trovare la soluzione giusta. Sicuramente c’è disponibilità e la finanziaria si approva a fine dicembre» ammonisce speranzoso. Sereno anche rispetto agli alleati: «C’è un impegno da parte di tutti. Ricordo che il bene di Napoli è un bene di tutto il Paese perché Napoli è un patrimonio dei napoletani e dell’Italia. Io sono convinto che tutte le forze politiche saranno vicine alla città».
Per Manfredi «tutti daranno una mano per Napoli perché l’interesse è garantire il futuro della città, dei nostri giovani e dei nostri cittadini. È un interesse bipartisan, un interesse di tutti». E usa parole al miele per il premier: «Il presidente Draghi è molto vicino alla città, ama la città, cosa che mi era ben nota. Sicuramente sarà vicino a Napoli e ai napoletani per fare in modo che noi possiamo far ripartire questa straordinaria città». E ancora: «Sul “Patto per Napoli” stiamo lavorando per trovare la soluzione giusta, sicuramente c'è disponibilità. Dobbiamo sbloccare la spesa corrente per dare risposte ai napoletani».
Ma cosa c’è nel patto sottoscritto da Manfredi e gli alleati? Vale la pena ricordare cose c’è scritto. «In questo momento storico, Napoli è la città che presenta le maggiori criticità economiche e sociali. Il paradosso è che rappresenta anche il giusto laboratorio per lo sviluppo» l’incipit del documento. Al primo punto «una procedura per la gestione commissariale del debito», vale a dire separare la gestione ordinaria da quella del debito. Più concretamente un commissario di Governo «che prenderebbe in carico tutte le entrate di competenza e tutte le obbligazioni assunte ad una certa data con una dotazione da 150 milioni all’anno (dopo una prima ricognizione da sindaco la richiesta è salita a 200); una gestione ordinaria affidata al Comune. Poi almeno un miliardo - oltre ai 500 milioni inseriti nel decreto «sostegni bis» - per finanziare il debito di tutti gli enti in agonia finanziaria. A Napoli - va ricordato - ne sono arrivati ben 240. Quindi un piano di assunzioni perché il Comune di Napoli e tanti altri sono allo stremo.
«Appare necessario - si legge nel testo - ed urgente alla luce della evidente carenza della loro capacità amministrativa di riscuotere le proprie entrate, gestire il proprio patrimonio e soprattutto di programmare e gestire le risorse europee e nazionali». E un meccanismo di perequazione, partendo dalla situazione socioeconomica dei territori come indicatore per la distribuzione dei fondi. Sostanzialmente il “Modello Roma” varato nel 2008 quando alla Capitale andarono oltre 4,5 miliardi.