Movida, tutto come prima: solo i proclami fanno festa

di Raffaele Aragona
Mercoledì 4 Dicembre 2019, 00:00 - Ultimo agg. 07:39
4 Minuti di Lettura
Se il termine «movida» è usato per indicare una situazione animata di divertimento e vita notturna giovanile all’interno di una città, nulla qui è stato fatto per tentare di attuare disposizioni utili a ben regolarne attività e modalità. Questa napoletana, in modo ossimorico, può dirsi una «movida immobile». La questione torna di attualità in questi giorni prenatalizi quando l’afflusso di clienti ai baretti diventa più numeroso.

Si è già «pronti» ad assistere allo scempio della sera del 24, quando il brindisi natalizio rende gli abitanti prigionieri in casa con una situazione di pericolo che li costringe ogni anno a indirizzare una lettera a prefetto, questore, sindaco e capo dei vigili urbani chiedendo di non consentirlo e di trasferire l’avvenimento in luoghi più idonei. Sono costretti a farlo i vari comitati che li rappresentano: «Chiaia viva e vivibile», «Vivibilità cittadina» e quello di via Aniello Falcone, che per anni hanno condotto battaglie e manifestato contro la movida chiassosa, contro i bar aperti fino a notte fonda, contro la violenza che si verifica negli intorni. E non c’è da attendere la sera del 24, giacché fin d’ora, nel suo approssimarsi, dal giovedì alla domenica, il caos regna sovrano con la difficoltà a varcare la soglia dei portoni di accesso alle abitazioni, con il rumore antropico che, come quello della musica assordante, impedisce il dovuto riposo.

Si è assistito con angoscia a episodi di accoltellamento affatto radi e, contemporaneamente, si è pensato, e si è sperato, che fatti del genere avrebbero scosso coloro che hanno il dovere e il cómpito di scongiurarli; i quali restano, invece, incuranti del sonno perduto dagli abitanti del circondario, del pericolo pur sempre incombente e del conseguente degrado caratterizzante ormai queste zone toccate dalla movida, insieme con il diminuito valore commerciale degli immobili, con la trasformazione continua di botteghe artigiane in locali e localetti attrattori di quello che qualcuno addirittura denomina «turismo».

A fronte, infatti, di questa pretesa crescita turistica attribuita alla movida deve rilevarsi come il suo degenerare leda le regole del civile convivere e aumenti il degrado, con grave danno anche per il turismo, quello vero.
Molte sono le cose che non sono cambiate, nonostante le continue doglianze dei vari comitati: le telecamere di sorveglianza, un tempo promesse, sono inesistenti, così come non esiste un valido presidio nei confronti dei posteggiatori abusivi che, spadroneggiando tutt’intorno, costituiscono buona parte delle cause della situazione. La presenza delle forze dell’ordine tutte non segue le effettive necessità; la “nuova” ordinanza attualmente in vigore, che “anticipa” la chiusura dei locali alle 3 del mattino e che, nell’idea dell’amministrazione, avrebbe dovuto sanare la questione, è di nessun effetto in termini di controllo. Sembra quasi che si voglia ignorare che è proprio dalla mezzanotte che i controlli dovrebbero essere intensificati, ma proprio a quell’ora la polizia urbana va via. L’ordinanza stabilisce anche dell’altro: il rispetto per quanto riguarda la musica all’esterno non oltre le 24, il rispetto dell’orario di chiusura, il limite delle consumazioni in vetro soltanto entro gli spazi interni o esterni in concessione, oltre, ovviamente, all’occupazione suolo nei limiti dalle concessioni stesse. Il problema, in ognuno dei casi, resta sempre quello del rispetto delle regole: se la città vuole cambiar rotta e dare ai giovani esempio di cultura, soprattutto civica, la via non è certo quella della tolleranza: e l’amministrazione, nel rispetto della legalità, non può continuare a essere clemente.

Non si comprende come un’Amministrazione, che ha impostato le sue azioni secondo i dettami della legalità e dell’interesse dei cittadini, abbia poco in conto la salute e la sicurezza degli stessi cittadini; e degli stessi numerosi giovani per i quali l’alcool – e altro ancora – determina condizioni facilmente passibili di generare eventi a rischio. 

Purtroppo, se un tempo alle proteste continue dei residenti e dei commercianti tradizionali, certamente anch’essi in condizioni di disagio, un tempo si univa la stessa Confcommercio nel chiedere al Governo misure per contenere la morìa di negozi e botteghe, oggi la stessa Confcommercio, insieme con l’associazione dei baretti, si allinea alle decisioni del Sindaco plaudendo a una deregolamentazione che lascia tutti sconcertati. Se fino a oggi è capitato sempre di lamentarsi di come le regole fossero fatte poco rispettare, ora la situazione cambia perché ci si trova di fronte a un loro completo abbandono. Nessuna meraviglia: siamo nella città ribelle.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA