I ragazzi che sabato notte si sono affettuosamente sfidati a colpi di casco sulle gengive non sono solo l’espressione di un analfabetismo civico e culturale profondamente diffuso, anche negli strati medio-alti della popolazione giovanile. Sono, soprattutto, il fermo-immagine più eloquente del naufragio delle promesse, del deserto assoluto di un’autorità amministrativa in grado di stabilire regole certe e farle rispettare. Paghiamo oggi il prezzo dell’immobilismo di ieri. E di numerose scelleratezze, come quella di pensare che la politica del laissez faire - di cui il precedente sindaco era il primatista mondiale - potesse produrre, per partenogenesi, un’autoregolamentazione virtuosa del fenomeno della movida. Tutte balle. Declinato a Napoli il laissez faire ci ha messo un attimo a diventare «fate un po’ tutti come vi pare»: nei secoli dei secoli, la città è di chi se la piglia e pazienza se ogni tanto volano i caschi.
Per molti mesi, fino all’arrivo di Manfredi a Palazzo San Giacomo, il nostro orizzonte è stato interamente occupato dalle liturgie della politica, che hanno spinto la città in un limbo di inconcludenza nel quale ogni problema, inevitabilmente, era destinato a incancrenirsi. Salvo poi presentare il conto, come sta avvenendo ora, costringendo i nuovi amministratori a uno sforzo di concretezza che è tragicamente mancato in passato.
Panta rei, tutto scorre: anche l’indignazione, che fa il giro completo e poi torna al punto di partenza. La città è di chi se la piglia e i figli della cosiddetta buona borghesia cittadina sono i primi a mettersela in tasca, con evidente disprezzo di ogni regola di convivenza civile. Ne sanno qualcosa i residenti di Chiaia e dei Decumani, che urlano da anni alla luna nel tentativo di superare, in acuto, il frastuono della musica sparata al massimo, in piena notte, dai campioni di questa movida deragliata, simbolo di una città, nonostante le buone intenzioni, ancora largamente fuori controllo.