Napoli, nuovi pronto soccorso tra ritardi e veti incrociati: la melina dei Policlinici

Napoli, nuovi pronto soccorso tra ritardi e veti incrociati: la melina dei Policlinici
di Ettore Mautone
Venerdì 30 Luglio 2021, 00:00 - Ultimo agg. 17:45
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Pronto soccorso al palo nei Policlinici napoletani: una lacuna che in Italia, negli ultimi lustri, è stata riassorbita da tutte le maggiori realtà universitarie con il vantaggio di aver qualificato l’assistenza, dato spazio alla formazione, guadagnato così terreno anche sul fronte della ricerca. Non a Napoli però: qui i pronto soccorso dei Policlinici sia della Federico II (area collinare) sia della Vanvitelli (nel centro storico) dopo la chiusura, negli ultimi anni, di aree di urgenza ospedaliere (San Gennaro, Loreto mare, Incurabili, Ascalesi e Annunziata), pur invocati da sindacati di categoria e della dirigenza medica, da associazioni di pazienti e specializzandi ovvero considerati indispensabili dalle scuole di medicina, restano nel limbo, congelati sotto l’etichetta del “poi vedremo”.


I PROGETTI
A che punto è il tortuoso percorso che porta all’apertura di aree di accettazione e di urgenza centralizzate per cittadelle universitarie che sfiorano i mille posti letto ciascuna ma trasformate in deserti assistenziali dopo le 14? A sentire le voci di dentro è tutto in alto mare: alla Vanvitelli, nel centro storico, campeggia il cartello “lavori in corso”.

L’area deputata ad ospitare i reparti di medicina e chirurgia di urgenza e di Osservazione breve intensiva e di Ortopedia è in un palazzo disabitato con problemi strutturali dove un tempo era ubicata la Patologia generale ed è in fase di consolidamento strutturale. Questa è la zona destinata ad accogliere personale e attrezzature. I tempi di consegna da giugno sono slittati a settembre e la conclusione di questo che si configura come un nuovo polo della rete del 118 non saranno così brevi. Oggi il policlinico di piazza Miraglia ha attività di urgenza limitate alla psichiatria, ginecologia, all’assistenza neonatale e a poco altro. Un pronto soccorso generale dovrebbe intercettare una fetta di quell’utenza cittadina che oggi affolla il Cardarelli e che trova poco sfogo nei presìdi del centro con l’Ospedale del mare che guarda più a est e l’unica alternative del Pellegrini mentre il San Giovanni Bosco viaggia a mezzo servizio senza pronto soccorso per carenza di personale. L’azienda ospedaliero-universitaria dovrebbe a sua volta superare lo scoglio di selezionare e reclutare il personale specialistico per poi integrare il progetto nella programmazione regionale.

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LA FEDERICO II 
Le cose non vanno meglio al Policlinico collinare di via Pansini (Università Federico II): qui un articolato e ambizioso progetto elaborato dalla Scuola di medicina “chiavi in mano” con investimenti di 6 milioni per adeguamenti strutturali e apparecchiature, compresi gli oneri del personale, è stato approvato nei mesi scorsi incassando l’unanimità da studenti e docenti ma è stato accolto in maniera molto tiepida dalla Regione. Il governatore Vincenzo De Luca ha incontrato i vertici dell’azienda, del rettorato e della Scuola di Medicina ma ha fatto capire che il progetto non lo entusiasma e che tutto passa per la programmazione. Lo stesso governatore però si è spinto ad annunciare la realizzazione del nuovo Santobono, con investimenti per 200 milioni di euro, anch’esso in fase embrionale. Volontà politica che potrebbe cambiare al mutare degli scenari della programmazione e del Piano ospedaliero alla luce degli investimenti richiesti dal Recovery fund.


GLI OBIETTIVI
Per entrambi gli Atenei e per le due Scuole di Medicina gli scopi sono identici: qualificare l’assistenza, migliorare la ricerca clinica, consentire di adeguare gli standard, connettersi con la formazione. «Anche se dovessimo realizzarlo in sinergia con il Cardarelli - avverte Maria Triassi, presidente della scuola di Medicina della Federico II - potremmo almeno iniziare a misurarci su questo terreno. I Policlinici fanno troppo poco per alleggerire il peso di eccellenze della medicina e chirurgia di urgenza come il Cardarelli su cui grava anche il peso di altri ospedali e di tutta la provincia. Il Cto di notte non ha nemmeno una guardia ortopedica e non basta certo a ridurre gli afflussi record o a smaltire le barelle. Il trasferimento secondario ha poi mostrato tutti i suoi limiti. Come Università concepiamo i pronto soccorso come una grande opportunità didattico-scientifica oltre che assistenziale che qualificherebbe tutta la sanità campana». Una buona occasione per riparlarne sarà forse la sigla del protocollo d’intesa tra Regione e aziende ospedaliere universitarie che legano la questione ai fondi che Palazzo Santa Lucia eroga per l’assistenza. In questi mesi l’unico passo avanti è stata la realizzazione della stoke-unit (centro ictus) al Policlinico ma intanto da Castellammare mandano i pazienti al Cardarelli (che non ha la disciplina) anche per le urgenze cardiochirurgiche che sarebbero di competenza di Monaldi e Policlinico.
 

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