Pronto soccorso al palo nei Policlinici napoletani: una lacuna che in Italia, negli ultimi lustri, è stata riassorbita da tutte le maggiori realtà universitarie con il vantaggio di aver qualificato l’assistenza, dato spazio alla formazione, guadagnato così terreno anche sul fronte della ricerca. Non a Napoli però: qui i pronto soccorso dei Policlinici sia della Federico II (area collinare) sia della Vanvitelli (nel centro storico) dopo la chiusura, negli ultimi anni, di aree di urgenza ospedaliere (San Gennaro, Loreto mare, Incurabili, Ascalesi e Annunziata), pur invocati da sindacati di categoria e della dirigenza medica, da associazioni di pazienti e specializzandi ovvero considerati indispensabili dalle scuole di medicina, restano nel limbo, congelati sotto l’etichetta del “poi vedremo”.
I PROGETTI
A che punto è il tortuoso percorso che porta all’apertura di aree di accettazione e di urgenza centralizzate per cittadelle universitarie che sfiorano i mille posti letto ciascuna ma trasformate in deserti assistenziali dopo le 14? A sentire le voci di dentro è tutto in alto mare: alla Vanvitelli, nel centro storico, campeggia il cartello “lavori in corso”.
LA FEDERICO II
Le cose non vanno meglio al Policlinico collinare di via Pansini (Università Federico II): qui un articolato e ambizioso progetto elaborato dalla Scuola di medicina “chiavi in mano” con investimenti di 6 milioni per adeguamenti strutturali e apparecchiature, compresi gli oneri del personale, è stato approvato nei mesi scorsi incassando l’unanimità da studenti e docenti ma è stato accolto in maniera molto tiepida dalla Regione. Il governatore Vincenzo De Luca ha incontrato i vertici dell’azienda, del rettorato e della Scuola di Medicina ma ha fatto capire che il progetto non lo entusiasma e che tutto passa per la programmazione. Lo stesso governatore però si è spinto ad annunciare la realizzazione del nuovo Santobono, con investimenti per 200 milioni di euro, anch’esso in fase embrionale. Volontà politica che potrebbe cambiare al mutare degli scenari della programmazione e del Piano ospedaliero alla luce degli investimenti richiesti dal Recovery fund.
GLI OBIETTIVI
Per entrambi gli Atenei e per le due Scuole di Medicina gli scopi sono identici: qualificare l’assistenza, migliorare la ricerca clinica, consentire di adeguare gli standard, connettersi con la formazione. «Anche se dovessimo realizzarlo in sinergia con il Cardarelli - avverte Maria Triassi, presidente della scuola di Medicina della Federico II - potremmo almeno iniziare a misurarci su questo terreno. I Policlinici fanno troppo poco per alleggerire il peso di eccellenze della medicina e chirurgia di urgenza come il Cardarelli su cui grava anche il peso di altri ospedali e di tutta la provincia. Il Cto di notte non ha nemmeno una guardia ortopedica e non basta certo a ridurre gli afflussi record o a smaltire le barelle. Il trasferimento secondario ha poi mostrato tutti i suoi limiti. Come Università concepiamo i pronto soccorso come una grande opportunità didattico-scientifica oltre che assistenziale che qualificherebbe tutta la sanità campana». Una buona occasione per riparlarne sarà forse la sigla del protocollo d’intesa tra Regione e aziende ospedaliere universitarie che legano la questione ai fondi che Palazzo Santa Lucia eroga per l’assistenza. In questi mesi l’unico passo avanti è stata la realizzazione della stoke-unit (centro ictus) al Policlinico ma intanto da Castellammare mandano i pazienti al Cardarelli (che non ha la disciplina) anche per le urgenze cardiochirurgiche che sarebbero di competenza di Monaldi e Policlinico.